Rimini, venerdì 24 agosto – In Arena Cdo for Innovation A5/C5, in linea col tema del Meeting, si parla dell’innovazione che muove la storia umana. Sul palco, Davide Benini, fondatore di Solidarietà Intrapresa e Franco Nembrini, fondatore de La Traccia. Introduce Gigi Gianola, direttore generale Cdo.
“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole / anzi d’antico…”: con l’incipit de “L’aquilone” di Pascoli, Gianola ripercorre la settimana dell’Arena Cdo, rilevando come sembra esserci qualcosa di già conosciuto, che ritorna spesso nell’innovazione declinata in tutti i campi dell’agire umano. “Quali forze hanno mosso le storie dei singoli?”, chiede quindi agli ospiti riecheggiando il tema del Meeting.
Benini si prende cura di duecento disabili (24 minori arriveranno entro la fine dell’anno), 83 dei quali vivono in un plesso abitativo insieme a lui. Molti di loro lavorano in un’attività industriale che oggi esporta in tutta Europa. “Ogni volta – dice – resto meravigliato pensando che questa azienda è diventata famosa grazie a gente disabile”. Insofferente agli orari fissi e amante dell’indipendenza e dell’autonomia, Benini incontra i Centri di solidarietà e apre una gelateria, subito abbandonata per motivi di salute. “La malattia mi aveva prostrato ed ero pronto a fare qualsiasi lavoro, ho pregato e alla fine ho trovato una attività che mi ha corrisposto completamente”.
La malattia accomuna Benini a Nembrini. “Insegnavo e la notte non riuscivo e quando interrogavo gli studenti mi addormentavo. Ho capito che dovevo fare altro e ho cominciato a fare l’imprenditore. C’è un insegnamento in tutto questo: la storia personale di ciascuno ha a che fare con l’imprevisto”. Poi Nembrini fa proiettare un filmato de “Le Iene”, in cui un ragazzo offende un professore, lo bullizza mentre il prof non reagisce. Poi compare il ministro che promette severi provvedimenti. “È una dimostrazione della incapacità di assunzione di responsabilità – osserva Nembrini – Ci si può limitare, nel rapporto con quel ragazzo, ad usare parole come punire, espellere, pagare? Si è persa in questa vicenda un’opportunità educativa. Vorrei avere come figlio quel ragazzo. Speriamo che questa opportunità educativa la colga la scuola. Quanti ragazzi così non trovano adulti che li guardino e gli parlino? Innovazione sarebbe stato per l’adulto un gesto semplice: parlare, accettare la sfida e parlare, è il compito di noi adulti”.
Gianola chiede: “Quale rapporto tra adulti e giovani in futuro?”. Risponde Benini: “Io avevo un padre contadino e non avevo un ambito educativo che mi sollecitasse. Ho incontrato poi una realtà che mi ha stimolato ed educato”. Aggiunge Nembrini: “Nella gente della mia generazione c’è un problema di debolezza nella proposta. Pensate che vedo mamme che vanno ad iscrivere il figlio di 19 anni all’università! No, bisogna imparare a scommettere sul cuore e sul suo risveglio. C’è un modo per assumersi le responsabilità dentro alle circostanze. Mia madre stava morendo e continuava a fare lavoretti da mandare nelle Missioni estere e aveva dieci figli. Per essere così devi avere un maestro. Alla fine di una conferenza, dove avevo parlato di mio padre, un ragazzo di ternt’anni mi dice che con un padre così chiunque sarebbe diventato santo. Ma dico io: a trent’anni non ti sei ancora cercato un padre o un maestro? Ti è padre chi ti fa sentire la paternità, cercalo! Bisogna muoversi chiamati dalla vita. La scuola La traccia, che ho fondato, è nata così”.
Gianola domanda ancora quali stimoli siano necessari per andare avanti. Benini racconta di aver sempre custodito il punto di novità incontrato all’inizio. Ricordarlo ogni giorno lo aiuta a leggere la realtà che cambia. Nembrini dice che le circostanze sembrano dividere e negare il punto di partenza. “Come capita nel matrimonio, quando entra una distanza tra i coniugi. Ma la distanza è lo spazio del perdono che ben conosciamo: lì c’è l’impeto di Dio, è un’occasione e lì va ritrovato l’inizio. Ma attenzione, non il compromesso, non il trovarci a metà. Ci si incontra di nuovo perché ognuno cammina pienamente verso Cristo. La freschezza di ogni inizio si ritrova e diventa possibilità di bene per tutti”.
Conclude Nembrini: “La felicità coincide con la libertà, se c’è un punto di riferimento solido, allora tutto intorno prende senso. Il bambino cade addosso all’ostacolo e il suo primo gesto è di cercare lo sguardo di sua madre. La paura vera è di non essere di nessuno. L’innovazione è sapere che, se ho un riferimento, allora le circostanze mi orientano”.
(A.Le.)