L’immigrazione e il bisogno dell’altro: Italia, Europa, Mondo

Press Meeting

“Il titolo di questo incontro può essere letto in maniera ambivalente: l’altro si trova in una situazione di bisogno, ma anche noi abbiamo bisogno dell’altro, perché l’altro può essere un bene per noi. Dobbiamo comprendere le dimensioni crescenti del fenomeno considerando che nel 2012 oltre 232 milioni di persone hanno lasciato il paese d’origine per andare a vivere in un altro paese”. Con queste parole Roberto Fontolan, direttore del Centro internazionale di Cl, ha aperto l’incontro su “L’immigrazione e il bisogno dell’altro: Italia, Europa, Mondo” nel Salone D5 alle ore 11.15. Sono intervenuti l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, capo di stato maggiore della Marina militare, Sandro Gozi, sottosegretario per le Politiche e gli affari europei, monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, monsignor Silvano Tommasi, osservatore permanente della Santa Sede per le Nazioni Unite, e Carla Trommino, presidente dell’associazione AccoglieRete per la tutela dei minori non accompagnati.
De Giorgi ha sottolineato che l’aumento degli sbarchi degli ultimi anni in Sicilia non è una conseguenza dell’operazione Mare Nostrum voluta dal Governo italiano, ma delle situazioni di guerra e dei conflitti che coinvolgono tutta l’area mediorientale e dell’Africa subsahariana. “Mare Nostrum – ha continuato l’ammiraglio – è un’operazione umanitaria e di grande civiltà, ha scongiurato che il Mar Mediterraneo si trasformasse in un enorme cimitero e ha consentito di evitare che i migranti finissero in mano alla malavita organizzata per gli sbarchi clandestini che comunque avvenivano. Inoltre in questo modo è stato possibile gestire la sicurezza sanitaria direttamente a bordo delle navi, evitando il diffondersi di malattie infettive”.
Molto critico l’arcivescovo di Monreale, per il quale “l’attuale politica governativa mette all’asta i migranti favorendo i grandi centri di accoglienza. Sarebbe auspicabile invece incrementare il sistema di protezione per i rifugiati e richiedenti asilo, che favorisce l’integrazione attribuendo un numero massimo di migranti per città” e che inoltre individua per ogni migrante un percorso personalizzato tramite borse lavoro, tirocini formativi, corsi di italiano. Inoltre, ha continuato il presule, “non possiamo immaginare che tutto il peso dell’immigrazione debba gravare esclusivamente sulla Sicilia e l’Italia”.
“Ho compreso la sfida dell’immigrazione dei minori non accompagnati quando sono passata dal difenderli come avvocato ad accogliere in casa uno di loro. I documenti sono importanti ma sono solo una precondizione, la sfida vera per ognuno di noi è culturale”. Carla Trommino ha iniziato il suo intervento evidenziando che la sua associazione ha superato l’idea dell’adozione istituzionale in favore del tutoraggio individuale, puntando ad un’accoglienza diffusa e decentrata e attribuendo un tutore per ogni minore. L’associazione sta rafforzando la rete di accoglienza e invita ogni individuo, famiglia, associazione e istituzione a fare la sua parte.
Sandro Gozi ha ribadito che “è inaccettabile quello che sta avvenendo nel Mediterraneo, la culla della civiltà europea: un mare che sta diventando il cimitero di noi europei che non abbiamo ancora imparato dal nostro passato”. L’Europa – ha continuato il sottosegretario – deve dimostrare che non è solo un’unione contabile, ma ha una visione del proprio futuro e del futuro del mondo, a cui sacrificare anche l’interesse immediato”. Secondo Gozi è il momento di tornare al coraggio dei grandi statisti come De Gasperi, Spinelli e Kohl: “Non c’è più tempo per aspettare, dobbiamo affiancare all’operazione Mare Nostrum un’iniziativa europea. La politica estera e la politica migratoria vanno di pari passo se vogliamo risolvere i problemi dell’area mediterranea. La visita di Matteo Renzi in Iraq è un segnale in questa direzione”.
Anche Tommasi ha sottolineato che “le migrazioni sono un fatto globalizzato, considerando che una persona su sette al mondo è un migrante interno o esterno ai singoli Paesi. Il migrante può diventare per ognuno di noi un rischio oppure un’opportunità. La politica non può utilizzare strumentalmente lo spauracchio degli immigrati per guadagnare consensi come hanno fatto alcuni partiti nelle ultime elezioni europee”. Occorre essere realisti – ha continuato l’osservatore della Santa Sede all’Onu – l’altro è già tra noi, tanto è vero che una buona fetta della forza lavoro europea (dal 10 al 15 per cento) è costituita da immigrati. Ecco perché occorre gestire questo fenomeno per costruire il nostro futuro insieme a questi fratelli”. Gli occidentali, ha osservato l’arcivescovo con una punta di ironia, sono molto bravi a stabilire i diritti nei trattati e nelle carte, ma la prassi va spesso in altra direzione: “Dobbiamo avere una gestione dei flussi migratori globale e inclusiva che dia spazio alla voce di tutti. La fraternità rimane lo zoccolo duro su cui costruire l’integrazione”.
(A.S.)

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