È necessario che un’azienda abbia una precisa identità e la proponga ai consumatori, qualificando e distinguendo il proprio prodotto, oppure, in un clima di “identità per omologazione”, tipica dei settori monopolistici ed oligopolistici, è meglio approfittare del “confusopolio” (l’espressione è di Scott Adams) per “piazzare” il proprio prodotto? È meglio dire la verità al mercato sul prodotto che vi si immette, o “paga” di più la menzogna? Qual è il ruolo dei media nella comunicazione aziendale?
Su questi temi si è svolta la tavola rotonda dal titolo “L’identità dell’azienda e la sua comunicazione”, moderata da Sergio Luciano, Direttore di Economy, con la partecipazione di Gianluca Comin, Direttore Relazioni esterne ENEL S.p.A. e Presidente FERPI, Antonio Romano, Amministratore Delegato InArea, Luciano Sita, Presidente Granarolo S.p.A., Francesco Valli, Amministratore Delegato BAT Italia.
Tutti i relatori hanno (ovviamente) sostenuto la necessità che ogni azienda sia qualificata dal suo marchio, che esprime la sua identità e la differenzia dalle altre, e che risponde ad etica dire la “verità” sul proprio prodotto; le risposte però si sono articolate, con interessanti sottolineature su specifici aspetti, connessi anche alle diverse realtà aziendali di cui i partecipanti alla discussione sono managers.
Così Gianluca Comin dell’ENEL, dopo essersi dichiarato a favore del logo e contro l’assenza di identità dell’impresa, ha sottolineato la responsabilità sociale che sta dietro il marchio e come esso costituisca una garanzia per il consumatore. Ha portato ad esempio il caso Mattel, la grande azienda produttrice di giocattoli, che ha avuto il coraggio e la capacità di tutelare il suo marchio ritirando dal mercato migliaia di giocattoli, risultati pericolosi, realizzati da un fornitore cinese, superando la crisi connessa all’”infortunio” in cui era incorsa, proprio in virtù della “fama” goduta sul mercato. In merito alla propria azienda, Comin ha evidenziato come essa fondi la propria attività non solo sulla fornitura del prodotto, ma anche su iniziative (quali una grande relazione con l’utenza, gesti di solidarietà, attività culturali, sponsorizzazioni sportive) che permettono di far andare di pari passo attività industriale e comunicazione. Tra le sfide da affrontare ha indicato: la riconoscibilità del prodotto, frutto di una chiara identità aziendale; le relazioni non solo con il pubblico dei consumatori, ma anche con associazioni e gruppi di interesse; l’accesso a nuovi sistemi di comunicazione (come Internet); la partecipazione alla comunità finanziaria, sempre nel rispetto degli indici di sostenibilità.
Romano ha sottolineato la necessità di trovare elementi di identificazione dell’azienda, a partire dall’unicità ed irripetibilità del prodotto, per una reale promozione delle imprese. Guardando a ciò che è cambiato nella modalità di pubblicizzazione, ha evidenziato come si sia passati dal parlare di bisogni al parlare di desideri dei consumatori, riscoprendo la centralità della persona, che riporta in campo le “emozioni”. In tale contesto, la marca diventa marca di “relazione” e finisce l’epoca del copiare l’etichetta dell’altro. L’impresa deve conoscere fino in fondo se stessa e deve sapersi “raccontare”; la “passione” dell’imprenditore diventa fonte della riuscita.
Sita ha spiegato il successo della propria azienda (cooperativa) con la qualità del prodotto, l’identità, distintività e affidabilità dello stesso. Parte importante ha avuto la condivisione con i dipendenti e con i produttori, da un lato, delle modalità di lavoro per un prodotto di qualità, che soddisfi le esigenze dei consumatori e tuteli l’ambiente; dall’altro, delle strategie di promozione. Grande importanza hanno avuto poi: i rapporti con gli stakeholders, cui sono stati indicati i programmi, verificati nel corso del loro svolgimento; la pubblicità dei bilanci; il sostegno alla cooperazione internazionale: insomma nell’impresa non ci sono solo i prodotti, ma anche la passione, e questo produce la qualità.
Nell’intervento di Valli è stata sottolineata la necessità della verità nella comunicazione. Con riferimento alla propria azienda, il manager ha evidenziato che l’utente di un prodotto come le sigarette dev’essere un adulto informato e responsabile delle proprie scelte. L’azienda, prendendo atto della criticità del prodotto venduto, ha posto in essere indagini conoscitive al fine di ricevere suggerimenti dai consumatori per rispondere meglio alle loro esigenze e attenuare effetti negativi. Altra attenzione avuta è stata quella verso il territorio: laddove c’è stata chiusura di stabilimenti, ci si è fatto carico di riqualificare le aree. Valli ha concluso il suo intervento auspicando una nuova cultura dell’impresa che veda, da un lato, la cooperazione di capitale e lavoro, senza artificiose contrapposizioni, e dall’altro iniziative che diano all’imprenditore nuovo gusto e passione nel fare impresa.
Sulla domanda, riproposta nel secondo “giro”, se convenga più la verità o la bugia nella comunicazione, unanime è stata la sottolineatura che, se nel breve periodo, la bugia può pagare, nel lungo periodo no, e le conseguenze negative portano alla fine dell’impresa. Comunque occorre il coraggio di dire la verità, ma sono anche necessari controlli che eliminino dal mercato imprese che vi immettono prodotti creati senza il rispetto delle regole.
A.M.
Rimini, 22 agosto 2007