Rimini, 23 agosto – Cos’è la libertà religiosa? Ha qualcosa da dire alla comprensione dell’umano o deve rimanere materia relegata all’ambito giuridico-politico? È questo il punto di partenza dell’incontro “Liberi di credere”, svoltosi oggi in Auditorium Intesa Sanpaolo B3. Stefano Alberto, docente di teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha dialogato con Javier Prades Lopez, rettore dell’Università San Damaso di Madrid, e Thomas Georgeon, postulatore dei martiri d’Algeria.
Prades ha approfondito i contenuti di un documento della commissione teologica internazionale approvato a fine aprile di quest’anno: “La libertà religiosa per il bene di tutti. Approccio teologico alle sfide contemporanee”. «È decisivo capire che parlare di libertà religiosa è parlare di radice ultima della libertà», ha sottolineato. «Al tema della libertà religiosa possono essere date soluzioni penultime, come il riconoscimento dei diritti, ma non fanno centro se non vanno a pescare nella profondità della statura piena dell’umano». Ha poi aggiunto che «il compito dei cristiani davanti alle sfide del nostro tempo è vivere la libertà religiosamente, vivere la fede. Il caso serio della fede è il martirio: il martire genera spazio di libertà per tutti».
I martiri d’Algeria sono stati protagonisti dell’incontro attraverso l’intervento di Georgeon, che ne ha tratteggiate le storie nel panorama di un paese straziato dalla guerra all’epoca dei fatti, negli anni ’90: «La Chiesa algerina è piccolissima, conta poche migliaia di fedeli, ma ha una fede che è viva per la sua povertà, libertà e gratuità, anche per il fatto di non avere un ruolo di prestigio nel paese. Purificata e priva di ambizioni e di pretese, vive nel servizio e nella convivenza con gli altri».
Ciò che colpisce dell’apostolato in terra algerina è il rapporto di servizio e fratellanza con il popolo, di fede prevalentemente islamica: «È importante sottolineare che i martiri d’Algeria sono dei martiri “dell’alterità”. La Chiesa algerina ha scelto il servizio di un popolo che non condivideva la sua fede», ha commentato Georgeon.
Come si giustifica una scelta del genere? «L’altro nella sua differenza è la sola condizione per rimanere vivi. la morte ci aspetta laddove ci rinchiudiamo in noi stessi e nel nostro circolo. La grande sfida è che viviamo solo quando usciamo da noi stessi», ha risposto.
«Mi ha colpito», ha commentato Stefano Alberto, «la compresenza del realismo di questi uomini (perché non è facile incontrare l’altro) e della coscienza del fatto che nonostante tutto occorre rimanere, non per una strategia, ma per il bisogno di riscoprire l’essenziale attraverso la presenza dell’altro». Ha concluso Javier Prades: «Il diritto è la protezione giuridica di un bene, ma la ricchezza di incontri così è accorgerci di cos’è questo bene. La prima esperienza della vera libertà è riconoscerla quando la si ha davanti.»
(L.V.)
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