Rimini, giovedì 23 agosto – DI “Europa al di là dell’Europa”, si è parlato alle 15, nell’Area Cammini B2. Due gli ospiti: Stefano Manservisi, direttore della direzione Sviluppo della Commissione Europea, e Paolo Magri, vice presidente esecutivo e direttore di ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale). Ha introdotto i lavori Stefano Fontolan, responsabile del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione.
“L’Unione Europea – dice Manservisi – è il più grande ‘’donatore’’ di aiuti pubblici allo sviluppo e alla cooperazione fra i popoli, in particolare agli stati dell’area africana”. Ma lo sviluppo è un’alternativa alla migrazione? “L’idea di aiutarli in casa loro, rilanciata dai media – si chiedi Magri – viene realizzata attraverso questi aiuti?”. “Sia che li aiutiamo sia che non lo facciamo – risponde Manservisi – al mas-simo fra cinquant’anni ci dovremo fare i conti: la crescita demografica porterà quelle popolazioni a un miliardo e mezzo di persone, per lo più giovani, con importanti opportunità, risorse naturali e la-voro in quelle regioni. Non siamo in una fase di stallo, c’è attenzione continua sul tema, non c’è consiglio dei ministri in cui non si parli di Africa. Quando parliamo di politiche migratorie – aggiunge – non possiamo considerare i nostri vicini come un problema, è invece giusto intervenire per bloccare i trafficanti di esseri umani”.
Magri fa osservare che alcuni analisti sostengono che dei quattro miliardi di euro investiti, solo il 45 per cento va per lo sviluppo mentre la quota maggiore serve per i rimpatri e il monitoraggio delle frontiere. “La questione del rimpatrio di irregolari è particolarmente complessa e difficile – spiega Manservisi – parliamo infatti di essere umani”. Lo scopo è quello di liberare i campi profughi in Libia, Niger, Uganda, Etiopia e altri Paesi per proseguire nell’inserimento di queste persone nei Paesi d’origine, nel rispetto dei loro diritti fondamentali. “Il reintegro è difficile, soprattutto per l’identificazione. Investire per avere un’anagrafe digitale è prima di tutto un fatto di civiltà. La que-stione migratoria è un capitolo triste dell’Unione europea”.
Manservisi conclude ammonendo chi vuole alzare i muri: “in questo modo rischiamo di uscire dai tavoli e dalla governance mondiale, dove vengono affrontati temi di grande interesse per i cittadini europei, quali l’innovazione e i cambiamenti climatici”.