“La percezione dell’infinito nasce da un bisogno, dalla realtà, mai dal nulla”. Con queste parole, che fanno eco a quelle dette ieri da Giancarlo Cesana sul titolo del Meeting, Emilia Guarnieri ha introdotto l’incontro odierno, ricordando che “anche quando la percezione è negativa il punto di partenza è sempre un quasi nulla, mai un nulla”. “Mi colpisce il modo di Davide di ascoltare i poeti, perché in quel modo di leggere ci sono anche io”, ha continuato, sottolineando che “quando in una genialità artistica c’è l’accento di un noi, non solo di un sé, questa è una cosa grande”. È, questa, “la poesia come grido unanime, espressione di quel livello dell’io in cui la solitudine diventa consonanza, diventa rapporto. Il quasi nulla è una sorta di crinale, di ambiguità per cui la vita poi diventa un problema d’opzione”, ha concluso.
Davide Rondoni ha esordito evidenziando che “l’arte serve a salvare il volto non comune delle cose”, aspetto che permette, leggendo le opere di Leopardi, di commuoversi perché “un aspetto della sua vita, che è suo più profondamente, ti fa risentire di più te stesso”. Unica condizione necessaria alla lettura, ha affermato Rondoni, è “che tu sia disponibile a questo rapporto con Leopardi”. Leggendo “L’infinito” ha notato come “l’eterno è qualcosa di cui la realtà ti parla”, di fronte al quale però “Leopardi poteva solo provare a perpetuare questo stato, che è un sentimento momentaneo”. Ha poi letto e commentato il “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” e “Alla sua donna”, notando che “quello che ci consegna Leopardi è una contraddizione, un discorso aperto. Il fulcro della sua opera è come avere amore a se stesso, come avere la più grande dignità”. Rondoni ha concluso affermando che “amare se stessi è possibile quando qualcuno sbuca nell’orizzonte della tua vita e ti dice tu”.
Emilia Guarnieri ha concluso ricordando che “nella vita resta solo ciò che è esperienza. il resto è solo gusto estetico che passa”.