Rimini, 22 agosto 2021 – «Da ottobre 2020 la scrivania del mondo è occupata da un testo che continua a suscitare dialogo». Roberto Fontolan, direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione, introduce così la tavola rotonda sull’enciclica “Fratres Omnes”. Partecipano, in video collegamento, rispettivamente da Mosca e da Gerusalemme, Damir Mukhetdinov, primo vicepresidente del Consiglio religioso dei musulmani della Federazione Russa e segretario esecutivo del Forum Internazionale Musulmano, e David Rosen, direttore internazionale degli affari interreligiosi del Comitato Ebraico Americano e direttore dell’Istituto Heilbrunn per l’intesa interreligiosa internazionale. Presente in sala, S. Em. Card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna.
«Normalmente un’enciclica si rivolge al popolo cristiano: la “Fratres Omnes” ha invece la pretesa di rivolgersi a tutti, anche se l’interlocuzione principale è con le grandi religioni». È lo spunto di Fontolan per David Rosen, che conviene sul carattere universale del documento. «La parola di papa Francesco va lontano, per il suo straordinario carisma che lo rende un papa ascoltato da tutti», sottolinea Rosen. «È un importante contributo non solo alla Chiesa cattolica, ma a tutte le tradizioni religiose, perché mette in evidenza il significato della voce religiosa nel nostro tempo, segnato dell’egocentrismo».
Sono diversi i passaggi biblici che vengono richiamati per portare in evidenza che «non pos-siamo portare sentimenti di odio gli uni verso gli altri» in quanto parte della stessa famiglia, come non possiamo «non considerare la condizione di privazione che molti vivono nei paesi da cui emigrano». Un passaggio significativo riguarda il ricordo della Shoah, messo sullo stesso piano delle tragedie di Hiroshima e Nagasaki. Il messaggio di fondo è che le guerre sono sempre un fallimento: «Il dialogo interreligioso è importante perché propone un passo che va al di là delle nostre tradizioni, individuando un livello nuovo di spiritualità. È inoltre un potente strumento per introdurre una sorta di umiltà ideologica: non tutte le risposte possono essere trovate nelle nostre tradizioni».
«La traduzione in russo della “Fratres Omnes” è stata promossa dal Forum Internazionale Musulmano Russo», annuncia Fontolan. «Questo è uno dei motivi che ci ha fatto accendere di interesse per capire che cosa ha intravisto una realtà così importante nell’enciclica di pa-pa Francesco».
Mukhetdinov, al Meeting di Rimini per la prima volta, racconta come, durante i mesi più du-ri della pandemia, davanti agli abbandoni e alla morte, è rimasto colpito dagli appelli di pa-pa Francesco e dalla sua umanità per tutti coloro che si sono trovati senza cure, soprattutto gli anziani. «Quando la pandemia, come una nuova divinità, esige vittime, ebbene qui è im-portante rivolgersi all’amicizia e alla solidarietà sociale, di tutti». Papa Francesco fa questo in linea con la dottrina della Chiesa e con i passi già segnati nella dichiarazione Nostra Aeta-te, quando la coscienza cattolica ha conquistato nuove parole come «“dimenticare il passato” per “cominciare a comprendersi a sostenersi a vicenda”. Papa Francesco ha richiamato noi tutti a non essere dei funzionari religiosi, ma a parlare con il cuore. È un esempio straordi-naio di teologo che accende il cuore e nutre la riflessione».
Dopo aver dovuto rinunciare a partecipare in presenza al convegno, a sorpresa S. Em. Card. Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, si collega con il popolo del Meeting. «È patriarca di un popolo ferito», precisa Fontolan, «ma ha anche assistito a una dimostra-zione pratica della “Fratres Omnes” nel recente viaggio di papa Francesco in Iraq».
«Si è trattato di un momento storico che ha portato speranza e conforto a tutti, in Iraq, dan-doci il coraggio di dire che siamo cristiani», racconta Sako. «Siamo molto apprezzati in un mondo pieno di conflitti e settarismi. Siamo fratelli, come il papa ha più volte ripetuto e questo deve dare il coraggio di affermare il proprio credo ma nel rispetto degli altri. Dob-biamo tornare alla fonte della nostra umanità comune».
« “Fratelli tutti” è una grammatica dell’umano: ci insegna a sentirci parte di un noi», inter-viene Zuppi. «Se non comprendiamo questo, non conosciamo noi stessi». Papa Francesco aveva iniziato a scriverla prima della pandemia, poi invece ha colto la stessa emergenza per quello che è: una grande opportunità per comprendere tutte le pandemia che ci affliggono. Non ci sono degli esperti del dialogo, «ognuno deve imparare la lingua che ci fa riconoscere l’altro come fratello». L’uomo è se stesso nel dialogo. Non c’è tempo da perdere: non si può vivere divisi in un mondo che è sempre più unito. Se la pandemia fa il contrario, ciascuno deve vivere dello spirito della “Fratelli tutti”: ne va della salvezza».
(G.L.)