Leggendo la Bibbia con Joseph Weiler: il processo di Gesù (2a lezione)

Press Meeting

Le numerose persone che hanno gremito gli spazi di Eni Caffè Letterario in padiglione A3 e che per due ore (a partire dalle 11.15) hanno seguito la lezione di Joseph Weiler, direttore dello Straus Institute for the Advanced Study of Law and Justice, sottoponendogli anche diverse domande, hanno potuto sperimentare dal vivo che cos’è il Meeting. Come ha detto don Stefano Alberto: “Il Meeting non è un posto dove ‘ci si mette d’accordo’, ma un luogo in cui, da ‘poveri cristi’ come siamo tutti, cerchiamo realmente la verità” e, nella diversità delle storie e delle appartenenze, “cerchiamo di farci una vera compagnia al destino ultimo che è la gloria di Dio”.
La seconda lezione di Weiler prende le mosse dalla domanda centrale posta ieri: perché Gesù provocò a tal punto le autorità pubbliche ebraiche da incorrere nella condanna a morte? Weiler oggi indaga particolarmente l’ostilità del sinedrio, che pur riconoscendo che Gesù “compie molti segni di Dio”, di fronte alla sua affermazione di essere il messia lo accusa di bestemmia. Ma all’epoca il termine ‘bestemmia’ ha solo un senso di generica offesa a Dio: quale fu dunque l’accusa che meritò a Gesù la condanna a morte?
Stando agli Atti degli Apostoli (6,14), l’accusa è sostanzialmente “mutare gli usi che Mosè ci ha tramandati”, in palese contraddizione con la raccomandazione di Deuteronomio (12-13): “Avrai cura di mettere in pratica la Legge che ti comando, non aggiungerai né toglierai nulla”. Gesù inoltre si avvicina straordinariamente alla figura ‘profeta’ o del ‘sognatore’ suggerita dal medesimo passo: “Se sorgerà fra voi un profeta che compirà segni e prodigi e vi dirà di seguire altri dèi, non lo ascolterai, perché l’Eterno ti sta mettendo alla prova. Lo metterai a morte”. Questo ‘profeta’ dunque – riflette Weiler – è un autentico inviato di Dio: non può essere colpevole. Allo stesso tempo, Dio si è voluto legare a Israele con un patto eterno: ogni tentativo di cambiare la Legge si configurerà dunque come colpa.
Venendo al processo, ecco l’ipotesi forse più plausibile e coerente con il testo di entrambi i Testamenti: il Sinedrio crede che Gesù sia la persona descritta dal Deuteronomio, il profeta inviato da Dio per saggiare la fedeltà del popolo al Patto. La risposta affermativa di Gesù alla domanda di Caifa (“Sei tu il messia?”) chiarisce infatti che egli non è un semplice rabbino. È dunque dovere del Sinedrio metterlo a morte, perché Dio sta mettendo alla prova il suo popolo. Accanto a questa ipotesi Weiler ne avanza con cautela una seconda: il Sinedrio non crede che Gesù sia la persona annunciata nel Deuteronomio, ma egli lo era di fatto.
Tutte e due le ipotesi hanno conseguenze notevoli sulla concezione di Dio. La prima assolve Dio dall’accusa di essere stato ingiusto: Gesù, innocente perché assolve il compito assegnatogli da Dio, è stato sì ucciso, ma dopo tre giorni Dio lo ha risuscitato. Tuttavia nella narrativa della passione qualcosa ci disturba. Gesù doveva morire per lavare i peccati degli uomini, e morire senza macchia. Ma ciò implica che qualcuno, uccidendolo, doveva peccare. Perché la redenzione si realizzi, qualcuno deve necessariamente infrangere la Legge.
La seconda ipotesi offrirebbe una soluzione: Gesù è innocente in quanto è il messaggero di Dio; d’altra parte, chi lo mette a morte non è colpevole, poiché il Sinedrio così facendo rispetta la Legge. Profonde ne sono anche le implicazioni. Il cristiano deve accettare che Dio ha scelto il piccolo Israele e che solo ad esso come testimonianza speciale ha dato la Legge, con il dovere di seguirla per sempre. L’ebreo deve accettare che Gesù è il redentore del mondo, eccettuati gli ebrei che hanno già la Legge. L’alleanza del nuovo testamento riguarda il mondo, non gli ebrei. Così – ha sottolineato Weiler – all’ebreo posso dire: se non accetti che Dio abbia deciso di rivelarsi al mondo tramite Gesù, hai un concetto di Dio troppo meschino. E al cristiano, d’altro canto, posso dire: se insisti che gli ebrei debbano abbandonare la loro Legge, tu fai di Dio un capriccioso.
A livello di ipotesi, l’ebreo Weiler ha tratteggiato questo quadro del rivelarsi, in maniera diversa, di Dio. Prima Dio si rivela ad Abramo, poi si rivela ad un popolo, quindi a tutto il mondo tramite Gesù. Gli ebrei devono seguire il Patto e la Legge senza togliere o aggiungere alcunché. Ma “non c’è nulla nella fede ebraica – ha affermato il relatore – che ci obbliga a dichiarare falsa ogni altra manifestazione di Dio al resto del mondo”.

(A.D.P., V.C.)

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