AL MEETING L’INTERVENTO DI LUIGINO BRUNI CON UN’ANTEPRIMA DI THE ECONOMY OF FRANCESCO, IN PROGRAMMA AD ASSISI A MARZO
Rimini, 21 agosto 2019 – «Un patto per dare un’anima all’economia di domani». Con questa intenzione il Papa ha invitato ad Assisi dal 26 al 28 marzo dell’anno prossimo centinaia di economisti ed imprenditori di tutto il mondo, tutti giovani. «Perché sono i giovani che mi stanno a cuore», ha detto Francesco agli organizzatori, «e sono loro che dobbiamo ascoltare».
Questa mattina, nello spazio Sussidiarietà &Lavoro, sala B1, c’è stata un’anticipazione di quello che dovrebbe essere lo spirito di “The Economy of Francesco”: un adulto, docente universitario alla Lumsa di Roma, il professor Luigino Bruni, ha ascoltato e dialogato con sei giovani, alcuni dei quali imprenditori, altri studiosi di economia. Moderato da Alberto Brugnoli, docente di Economia applicata all’università di Bergamo e Direttore scientifico della Fondazione per la Sussidiarietà, l’incontro ha portato alla luce domande che nascevano da esperienze professionali e accademiche già protagoniste di un’economia più umana. Bruni ha presentato in breve i tre giorni di incontro voluti dal pontefice (c’è già il sito web: www.francescoeconomy.org), che avranno come riferimento i due Francesco: il poverello di Assisi e il Papa di oggi.
Non sarà il consueto convegno di luminari che parlano con un pubblico che prende appunti. I giovani interessati, che stanno facendo arrivare le loro storie e le loro domande, avranno modo di incontrare personalmente i grandi nomi dell’economia e dell’impresa di oggi, premi Nobel compresi. Saranno invitati ogni giorno a visitare in silenzio, per un paio di ore, i luoghi dove San Francesco ha avuto i suoi incontri decisivi, da quello con il lebbroso al crocefisso di San Damiano. Poi porranno quesiti e racconteranno le loro storie. Proprio come è successo stamattina. Il professor Bruni ha incontrato giovani come Benedetto, che ha una piattaforma e-commerce di prodotti agricoli, Elettra, titolare di un’agenzia di comunicazione con nove dipendenti che, oltre allo stipendio, partecipano agli utili, Giacomo, dottorando in management, in giro per l’Africa, ad insegnare a 400 imprenditore del sociale a rispondere adeguatamente all’emergenza dei loro paesi, Domenico, ricercatore di economia, che ha studiato come la regola benedettina abbia dato risultati straordinari nell’Inghilterra di Guglielmo il Conquistatore e Marco, fondatore e ceo di uno studio di progettazione e sviluppo della comunicazione.
Le domande e le esperienze dei sei giovani hanno permesso al professor Bruni di delineare i tratti salienti di una economia più umana, che non ha il fascino ingannevole dell’utopia ma che è profetica «perché indica il non-ancora stando però sul “già”, realizzando già qualcosa». Bruni ha sfatato alcuni moralismi e luoghi comuni. Secondo lui, l’imprenditore non può essere altruista, se non in via eccezionale, perché la legge dell’economia civile è la reciprocità, il mutuo vantaggio: il lavoratore che viene assunto deve arricchire anche l’impresa, altrimenti il rapporto non funziona. Il mutuo vantaggio è anche un questione di dignità: chi lavora deve sentirsi utile e non può sempre dire grazie a uno che lo ha aiutato. L’impresa, poi, se non vuol chiudere, deve fare in modo che il suo dipendente le doni quello che essa non può comprare con lo stipendio: deve coltivare un rapporto dentro il quale il lavoratore si senta libero, libero anche di cambiare azienda e poi, magari, un domani, tornare. «Dico “no” alla schiavitù di certi master, con cui le imprese vincolano i giovani per dieci anni. È una forma di schiavitù, i giovani devono poter volare».
Il docente ha demolito anche un’altra icona intoccabile, il “bene comune”, dando ragione ad Adam Smith quando sosteneva di “non aver mai visto fare qualcosa di buono a chi trafficava per il bene comune”. «È una bella espressione, un bel concetto che può essere manipolabile», ha affermato, «quel che conta è il bene che uno può fare “qui ed ora”, ogni giorno», con le persone concrete e non con le categorie astratte. Persone concrete che l’imprenditore deve incontrare nella società reale, meglio ancora nelle periferie, a contatto con la gente reale e povera. L’imprenditore di successo, che si isola nel suo jet set e perde il contatto con la vita, è destinato a fallire. «San Francesco è risorto quando è sceso da cavallo ed ha abbracciato il lebbroso», ha ricordato Bruni, sottolineando poi che nella Basilica di Assisi i ricchi committenti non fecero dipingere la scena da Giotto perché era disdicevole per la loro città ammettere l’esistenza di quei poveracci ammalati.
In economia, come in altri campi, si dice spesso che “piccolo è bello”, ma gli studiosi affermano che certi modelli piccoli non sono “scalabili”, cioè non possono automaticamente crescere in base alle necessità. «Ci sono esperienze positive e rivoluzionarie, penso ai benedettini, che non sono “scalabili”», ha sostenuto Bruni, «perché si incarnano in persone carismatiche che, una volta scomparse, non possono essere “copiate”». Certi modelli, allora, si “scalano” per imitazione: chi arriva dopo prende un po’ dell’originale e ci fa qualcosa di diverso. Francescani e benedettini hanno avuto e hanno al loro interno centinaia di “famiglie” «che hanno continuato a mettersi insieme per dei sogni collettivi». Bisogna quindi intendersi sull’idea di imitazione. «San Benedetto va imitato a livello della domanda che aveva nei confronti del suo tempo: come salvare il mondo di allora», ha spiegato il professore, «e noi dobbiamo chiederci la stessa cosa verso il nostro tempo e tenere vivo l’invito di Benedetto: fate delle opere e fatele insieme».
Infine, la questione decisiva, che è rimasta una domanda aperta. Bruni si è chiesto «dove trovare la fame di vita, la gioia di vivere, indispensabili per fare impresa». «In Italia, l’impresa è nata dalla fame di futuro», ha affermato, «una “fame” che tra il 1971 e il 1979 ha portato le imprese da 300 mila ad un milione. Ieri la molla era il bisogno: dovevi lavorare per te e soprattutto per i tuoi figli, erano loro i destinatari della “terra promessa” che stavi costruendo. Adesso che i bisogni primari sono stati soddisfatti, cosa ravviverà il desiderio di fare impresa?».
(D.B.)
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