La sala C1 è affollata di ragazzi, chiamati in causa dal titolo dell’incontro. “Ancora una volta il Meeting sottolinea l’importanza dell’educazione dei giovani” afferma Monica Poletto, presidente della Compagnia delle Opere-Opere Sociali. “Questa sera abbiamo con noi degli esperti, ma anche dei testimoni che ci aiutano a sviluppare questo tema”.
Il primo relatore è Umberto Guidoni, segretario generale della fondazione Ania per la sicurezza stradale. “Sembra banale parlare di sicurezza stradale visti i valori al centro di questo Meeting. Ma non lo è se si considera l’importanza che riveste per i giovani”. Secondo i dati statistici, sono proprio i ventenni la fascia d’età più a rischio sulle strade. Ben quattromila i morti e più di ventimila sono i feriti per incidenti in automobile, tra questi circa 1700 sotto i trent’anni. “Capita spesso che a loro sembra di avere il mondo in pugno, soprattutto se hanno già scampato un incidente”. Per questo motivo bisogna rendere i ragazzi consapevoli dei rischi, educarli, metterli al corrente della normativa. “Si sta facendo molto a livello di legge e comunicazione per ridurre il rischio e l’eccesso di alcool e droga, i due killer delle strade. La nostra campagna di comunicazione quest’anno verte sul rispetto delle regole”. Secondo Guidoni bisogna stravolgere il modello giovanile di esaltazione della cultura della morte riaffermando la sacralità della vita.
Responsabilità ed educazione vengono sottolineati anche da Marco Bertoli, psichiatra e direttore sanitario dell’Azienda per i Servizi sanitari Isontina di Gorizia. “L’educazione alla responsabilità è possibile solo dentro un rapporto. Spesso nei rapporti si danno le cose per scontate. Recuperare l’attenzione al reale può aiutare a rendere aperto e vivace un rapporto. Come diceva Enzo Piccinini, nel dialogo con i figli è importante provocare amorevolmente”. Bertoli parla anche di libertà come “adesione al vero” che si può verificare solo dentro una compagnia. “C’è bisogno di uno stupore continuo, di aprire gli occhi e di poter giocare la libertà per un bene personale e comune”.
È emozionato Iles Braghetto, presidente della Fondazione San Gaetano. “Sono testimone di un’esperienza che mi è stata affidata e si è imposta prepotentemente come una sfida”. Da anni la Fondazione opera nel sociale scegliendo di stare a contatto con i giovani “nei luoghi del divertimento, dove si inizia a sperimentare la giovinezza”. Quattro sono i temi cari a Braghetto. Il primo è la capacità di ascoltare, perché “solo un vero ascolto dell’altro aiuta il cambiamento nel comportamento”. Secondo è la speranza: “un ragazzo viene in comunità perché spera di cambiare vita, senza questa speranza la battaglia è persa”. Infine si parla ancora di compagnia,“se c’è una strada da percorrere questa è possibile solo dentro una compagnia”, e di libertà. “Perché sfidiamo i ragazzi alla libertà? Perché non abbiamo timore di chi sbaglia”. Braghetto termina il suo intervento citando una poesia di Carlo Betocchi: “Ciò che occorre è un uomo, non occorre la saggezza, ciò che occorre è un uomo in spirito e verità; non un paese, non le cose, ciò che occorre è un uomo un passo sicuro e tanto salda la mano che porge, che tutti possano afferrarla e camminare liberi e salvarsi”.
“Sembra ormai che il giovane, l’idea di giovane debba identificarsi con ciò che avviene il sabato sera” afferma Silvio Cattarina, presidente della Cooperativa sociale L’imprevisto. “Il giovane è la notte. La notte come luogo in cui vivere, in cui cercare uno spazio che si sottrae al giorno. A dominare è l’elemento trasgressivo. I giovani obbediscono all’omologazione e alla ripetitività di questo mondo notturno”. Secondo Cattarina c’è un dramma nel dramma. “I signori della notte giocano con il senso religioso dei giovani che chiedono la libertà. Essi evadono dalla realtà perché non trovano un adulto che li renda responsabili, che faccia loro compagnia, che indichi loro una strada. Questo adulto si chiama padre, perché questa è la funzione del padre”.
La vita diventa un dramma perché si trovano ad affrontare la realtà da soli. “Non è una solitudine fisica, ma l’assenza di un motivo valido per vivere”. Bisogna aiutare i ragazzi a riconoscere che la vera lotta è con Dio, non con gli uomini. “La cosa più drammatica non è la droga, ma come afferma uno dei nostri ragazzi, è l’imprevisto, perché aiuta a gridare tutto il dolore a colui al quale dev’essere veramente rivolto. Non bisogna aver paura di chiedere. Nella vita bisogna essere forti in un’unica cosa: una grande attesa, una domanda, un desiderio”.
Monica Poletto conclude l’incontro riprendendo la poesia di Betocchi. “Ciò che occorre è un uomo. Ciò che occorre è un incontro tra uomini, come è accaduto per noi questa sera”.