Al Meeting incontro dedicato alla libertà religiosa: un autentico dono al servizio del bene di tutti
Rimini, 18 agosto – «La libertà è un dono». Roberto Fontolan, direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione, sin dalle battute iniziali ha voluto caratterizzare il tema dell’incontro “Libertà di, libertà per. Le fedi e la polis”, che nel salone Intesa Sanpaolo B3 ha visto la partecipazione di Nazir Ayyad, Secretary-General of Al-Azhar Research Academy, Jàn Figèl, Inviato Speciale dell’Unione Europea per la libertà religiosa, e Ivan Jurkovič, Osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, Ginevra.
Sempre Fontolan, nel corso della sua introduzione, ha rimarcato che «il rispetto di questa libertà è rispetto della persona, delle culture, e questo si declina con due proposizioni: “di” e “per”, ovvero la libertà di professione individuale e quella per una partecipazione pubblica. Queste proposizioni sono alla base della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo».
Nazir Ayyad, inviato dal grande imam della Accademia Al-Azhar per conoscere meglio il Meeting dopo gli incontri avuti a Il Cairo mesi fa, ha portato il saluto del Grande Imam di Al-Azhar: «Chiedo a Dio che questo incontro ci unisca. Riconosco dopo quello che ho sentito e visto questa mattina che il Meeting ha un grande scopo: la libertà di credo. Ho visitato la mostra sull’incontro tra San Francesco e il Sultano e ho visto la conferma a cercare un dialogo. Il Sultano ha permesso a Francesco di esprimersi e questo permette la convivenza. Non dobbiamo quindi attaccare le religioni, l’Islam vuole la libertà di credo come garanzia della convivenza in quanto credere è caratteristica umana. Credere è un diritto concesso da Dio e per questo l’Islam accetta tutte le religioni, anche quella ebraica. Il nostro compito è di difendere questo diritto, anche il Corano lo conferma per questione di libertà e giustizia. Il dialogo tra Francesco e il Sultano – ha proseguito – è meraviglioso ma già Maometto il Profeta aveva dato ai cristiani la possibilità di pregare ed esprimere la loro fede pubblicamente. Nella storia del dialogo religioso ci sono stati grandi esempi di convivenza perché si è capito che il concetto di cittadinanza si basa sulla parità di diritti. Sono onorato di essere qui al Meeting e spero che questo sia l’inizio di qualcosa di più grande».
Da parte sua, Jàn Figèl ha rimarcato che «40 anni di Meeting significano maturità e quindi frutti. Abbiamo visto tutti che la religione è in grado di stabilire legami ma è stata abusata per scopi di supremazia e in questo ha portato a persecuzioni. L’84 per cento della popolazione mondiale dichiara di essere religiosa quindi la religione è importante e bisogna individuare la sua identità e garantire la sua libertà di espressione. La libertà religiosa è il vero e autentico test del rispetto dei diritti umani. La realtà però dice qualcosa di problematico, il 79 per cento della popolazione mondiale vive in paesi con restrizioni alla libertà religiosa e questo numero è in aumento. Come reagire a questo? In Europa alcuni paesi hanno creato commissioni specifiche allo scopo di studiare come intervenire. Ma continuiamo coi numeri: ben 21 paesi nel mondo puniscono la conversione religiosa con la morte, altri hanno leggi che puniscono la blasfemia, altri ancora puniscono l’ateismo. Inoltre il 42 per cento degli stati nel mondo amano etichettarsi come religiosi. Il quadro è grave, abbiamo bisogno di pluralismo espressivo che parta dalla tutela delle minoranze, ma attenzione: è positivo non parlare di minoranze perché è un concetto quantitativo. In Egitto si parla di comunità. Questo è positivo e indica come il problema sia anche di linguaggio. Infine voglio dire che quando si parla di libertà religiosa non si parla solo di diritti ma si deve parlare anche di doveri, uno verso l’individuo e uno verso la comunità».
Ivan Jurkovič è stato l’ultimo a intervenire: «E’ aumentata l’attenzione negli ultimi anni alla libertà religiosa e questo ha creato influenza sociale e ha ispirato nuove forme di identità religiosa. L’Onu riflette nei suoi documenti la volontà degli stati di garantire la libertà religiosa ma poi non indica in maniera sufficiente come attuare questa volontà. E’ un problema di agenda internazionale e l’obiettivo ultimo è la pace dei popoli».
(A.L.)
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