L’ambiente digitale e la meraviglia dell’alterità. Incontro o scontro?

Redazione Web

Rimini, mercoledì 19 agosto – La pandemia ci ha gettato all’improvviso in un mondo sempre più determinato dalla dimensione digitale, che rischia di dominare le vite di molti. Tuttavia, l’assenza di relazioni sociali fisiche ci ha permesso anche di riflettere sulla loro stessa importanza, accrescendo la consapevolezza dello stare insieme come elemento fondante del vivere. È ciò di cui si è provato a discutere durante l’incontro “È l’onlife, bellezza. Socialità e creatività nell’era digitale”, a cui hanno preso parte Costantino Esposito, professore ordinario di Storia della Filosofia all’Università di Bari, e Luciano Floridi, docente di Filosofia ed Etica dell’informazione all’Università di Oxford (Oxford Internet Institute), moderati da Davide Perillo, direttore di Tracce.

A fare da sfondo al dibattito, l’interrogativo: il digitale accentua la domanda di significato o si tratta soltanto di implementare capacità tecniche in cui sono insiti anche dei rischi? «Il digitale non è solo comunicazione ma è un “ambiente”, uno spazio di cui non bisogna limitare l’interpretazione e che trasforma le esperienze in maniera radicale», ha spiegato Floridi. «Pensiamo all’amicizia o alla morte. Ci sono industrie in sviluppo per gestire i “resti digitali” di chi non è più con noi. E il concetto di amicizia online è un dibattito aperto. Ci si chiede: in che senso si può essere amici se ci si è “visti” solo online? Posso assicurare che esperienze del genere sono ordinarie».

Floridi, che da lungo tempo si interroga sui temi dell’etica dell’informazione, coniando diversi neologismi di successo, ha spiegato che per preparare i soggetti futuri abbiamo bisogno di rimettere al centro la memoria. «Ma tra qualche generazione nessuno ricorderà quale fu il mondo solamente analogico, perché oggi abbiamo sviluppato abitudini totalmente diverse», avverte. L’ambiente del digitale, ha aggiunto Floridi, «consente una maggiore varietà di alternative e stimoli rispetto all’analogico». Ed è «possibile uscire dalla “bolla” del digitale: la responsabilità è individuale e culturale, dell’io e del noi».

Mentre invece il filosofo ha rivelato di avere «paura di un mondo che ricorda qualche film fantascientifico in cui la rivoluzione non è quella della violenza, ma dell’intrattenimento, di chi oggi ci trascina nella distrazione. Dove l’annichilimento dell’altro non è imposto, ma viene da chi dice: fai quello che vuoi, basta che non sollevi domande. Ma il mondo è fatto per schiacciare la meraviglia, che è il punto di qualsiasi speculazione filosofica», è la chiosa del filosofo. Dall’altro lato del dibattito, il professore Esposito ha spiegato di non avere paura del mondo digitale e delle sue facilitazioni, ma che allo stesso tempo ci sono questioni che vanno poste e prese sul serio.

«Il problema non è mettere limiti all’uso di questi strumenti, ma capire chi li usa, chi abita in questo “ambiente”», è il punto sottolineato da Esposito. Che mette tutti in guardia. «Il rischio è di rendere l’esperienza umana puramente digitale. Il discorso che guarda a queste possibilità come il nostro eldorado credo in realtà che annulli l’oggettivo umano in un post-umano e trans-umano». Con il pericolo che «la possibilità di essere i padroni dell’esperienza ci privi della meraviglia di qualcosa che sia altro da noi», in quanto «la digitalizzazione completa annulla l’alterità». Mentre «è proprio questa alterità che spero possa essere il nostro “millennial bug”, consentendoci di capire che c’è qualcun altro senza il quale non possiamo essere davvero noi stessi». Per Esposito, il rischio del digitale di sostituirsi al singolo, e di soppiantare l’altro, dovrebbe costringerci a «scoprire la grandezza della propria libertà, e chiedere al digitale di non annullarla».

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