L’accoglienza diffusa, un modello italiano

Press Meeting

Il contributo della Chiesa

Nel Padiglione A1 in uno spazio a latere della mostra “Migranti, la sfida dell’incontro” due volte al giorno lungo tutta la settimana del Meeting si dialoga con i migranti e le persone che si occupano di soccorso, accoglienza e integrazione. Questa sera alle ore 18.15 è la volta di Giancarlo Perego, Direttore di Migrantes (Cei), intervistato da Giorgio Paolucci.

Parla con fermezza e dovizia di dati il sacerdote, da sempre impegnato con i temi dell’immigrazione, spiegando le esigenze e le ragioni della accoglienza diffusa: “Moltissimi sfollati della prima guerra mondiale sono stati accolti in tutta Italia da altre famiglie. Questa idea fa parte del nostro background storico. Crediamo si possa valorizzare la società civile e non istituzionalizzarla. La nostra è una storia di de-istituzionalizzazione – continua Perego – abbiamo visto che un’istituzionalizzazione porta a un grande spreco e, come per Roma capitale, a corruzione”. Il sacerdote rievoca l’appello del Pontefice del 6 settembre scorso: “Rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi”. “Abbiamo voluto rispondere a questo appello – dice Perego – per vivere appieno l’Anno della Misericordia, tra l’altro tale mobilitazione ha portato allo Stato Italiano un risparmio di cinquanta milioni di euro”.

Si affronta poi il tema della paura. “La paura è un sentimento normale di fronte al nuovo, ma essa può diventare lacerante e portatrice di chiusura tutte le volte che non si accetta il fatto che l’altro è un bene. In questo senso ci troviamo di fronte ad una sfida educativa. Occorre educare le persone all’incontro”. A testimonianza di quanto appena affermato Perego offre alcuni dati. Da una indagine sull’accoglienza, su 10 famiglie che non avevano avuto esperienze di accoglienza, 8 dichiaravano di aver paura di questa onda migratoria. La stessa domanda posta a famiglie che invece l’avevano accolto anche sporadicamente altre persone in famiglia porta un dato completamente rovesciato: 1 su 10 dichiara di aver paura. Il direttore di Migrantes prosegue offrendo una lettura dei dati più profonda rispetto a tante interpretazioni che ci giungono dai media. “È importante conoscere: su 128 nazionalità straniere presenti in Italia, solo 60 sono presenti in carcere, non viene mai detto che un immigrato che lavora non commette reati, e anche il dato del 30% di stranieri nelle carceri Italiane è un dato che va letto attraverso la lente delle pene alternative alla detenzione delle quali normalmente gli stranieri non possono godere”.

E a chi dice “aiutiamoli a casa loro”, cosa rispondere, chiede Paolucci? Il sacerdote è fermo e deciso: “Il diritto a rimanere nella propria terra ha bisogno di investimenti e di condivisione di bisogni. Non si può dire ciò quando l’unica ricchezza che gli diamo sono le armi, quando continuiamo a dargli le briciole dei nostri investimenti nelle loro terre, senza dimenticare che ci sono nazioni in cui c’è la guerra”.

Da ultimo il giornalista propone una domanda sulla situazione dell’accoglienza, terribilmente frammentata, in Europa. “Questa crisi migratoria ha mostrato il volto debole dell’Europa sociale – afferma Perego – l’Europa ha un sistema comune di asilo ma si tratta di un accordo statico che occorre trasformare affinché i paesi più esposti alle onde migratorie non facciano effetto-tappo, in modo che queste persone vengano distribuite in tutto il continente europeo. Purtroppo non c’è ancora una giusta distribuzione e un impegno collettivo”. Il sacerdote afferma che c’è bisogno di un piano nazionale di asilo come esigenza di un paese che sposa una linea coerente di giustizia sociale. E rivolge la sua critica anche all’Italia: “In un paese che riesce ad accogliere 40 milioni di turisti possiamo accogliere persone che fuggono dalla guerra e dalle persecuzioni”.

Occorre alzare lo sguardo, non sono anzitutto numeri ma volti, storie e persone.

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