«Se non può mai mancare la collaborazione leale della Chiesa nella costruzione di una società migliore, essa non può non mantenere la propria “differenza” critica. La Chiesa non è una società umanitaria, se così fosse tradirebbe la propria natura e la propria missione. La differenza cristiana nasce dalla fedeltà a Cristo e al suo Vangelo, secondo lo stile dell’amore».
Sono le parole pronunciate da S. Em. Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, nell’intervento, introdotto alle ore 12:00, in Auditorium Intesa Sanpaolo B3, da Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli. In riferimento al suo recente viaggio in Russia: «Ho sentito molto la presenza di Cristo e del Suo Spirito. Sono partito con qualche apprensione e timore, ma ho sentito la forza della preghiera con cui tanti mi accompagnavano, nella ricerca di una pace possibile e incontrando le autorità della Chiesa Ortodossa». I temi toccati dal cardinale sono numerosi: dal ruolo dei cristiani nella vita pubblica, agli effetti di nuove tecnologie e della globalizzazione, fino ai temi della violenza terroristica e alle questioni migratorie.
Oggi, «l’amore per il prossimo non può limitarsi ai rapporti tra singoli, ma bisogna che torni a realizzarsi nella responsabilità pubblica di ciascuno di noi, nei diversi settori sociali, politici e istituzionali», ha affermato il prelato. «Quando papa Francesco ha tematizzato il primato del tempo sullo spazio», ha indicato il pericolo di «spazi nuovi e incontrollati di potere», come «l’uso scorretto dei social media» e la creazione di una «simil-realtà che ha effetti sociali reali, diversa o persino contrapposti alla realtà oggettiva. Qui torna per noi cristiani il tema della vita contemplativa». Rispetto ai temi internazionali, Parolin ha spiegato che «è doveroso mettere a punto schemi alternativi a una migrazione massiccia e incontrollata, che eviti disordini , infiltrazioni, disagi; giusto coinvolgere l’Europa e non solo essa; lungimirante affrontare il problema strutturale dello sviluppo dei popoli di provenienza dei migranti. Ma non dimentichiamo che sono nostri fratelli. Questo traccia una divisione netta tra coloro che riconoscono Dio nei poveri e nei bisognosi e coloro che non lo riconoscono».
Inoltre, riferendosi alle violenze terroristiche, ha affermato che quando le religioni «non intraprendono un percorso critico nei confronti delle parti più ambigue; quando non si distaccano o non si dissociano, condannando adeguatamente le efferatezze commesse in loro nome», accade che «la violenza, in nome di qualsiasi religione venga commessa, retroagisce negativamente su di essa e sui suoi fedeli». Perciò, «confondere la natura reale e multiforme dei conflitti con la loro giustificazione ideologico-religiosa significa produrre un cortocircuito che impedisce di riconoscere le diverse responsabilità storico politiche, sociali, culturali». Infatti, «la paura attiene a uno smarrimento dovuto alla globalizzazione. Nessuno Stato-nazione moderno controlla più la propria economia nazionale. Perciò non sorprende la tendenza generale, nei Paesi autoritari, ma anche in molti leader e movimenti populisti, di destra e di sinistra, a declinare la sovranità nazionale nei termini di supremazia culturale, identità razziale, nazionalismo etnico», verso «una supposta sovranità culturale». E non è «immaginabile la riduzione dei problemi globali alla misura delle singole Nazioni. La globalizzazione va governata: realtà come gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno un ruolo e una responsabilità decisivi».
In apertura, Julián Carrón, presente in sala, a nome della Fraternità di Comunione e Liberazione rivolge il saluto a S. Em. Card. Pietro Parolin: «La Sua presenza ci fa sperimentare l’abbraccio della Chiesa, nostra madre. Il messaggio del Santo Padre ha accompagnato queste nostre giornate vissute con la speranza di essere testimoni affidabili. Io e i miei amici vogliamo cogliere l’occasione di questo cambiamento d’epoca per comunicare a tutti la gioia che ha provocato in noi l’incontro con Cristo, l’unico che risponde all’attesa del cuore dell’uomo dentro la vita della Sua Chiesa, nella quale la tradizione rimane viva attraverso la voce dello Spirito. Don Giussani diceva che ciò che si sa e ciò che si ha diventa esperienza se ci viene dato adesso: c’è una mano che ce lo porge ora, c’è un volto che viene avanti ora, c’è del sangue che scorre ora, una resurrezione che avviene ora: fuori di quest’ora non c’è niente! Cristo è ciò che abbiamo di più caro e avanziamo incontro agli altri disarmati. Che cosa c’è di più caro dell’abbraccio di un uomo libero? È questa la testimonianza che il Papa sta dando al mondo».