È un sentimento condiviso da tutti, credenti o meno. L’assoluta vicinanza di papa Francesco alla vita di tutti noi. Comprenderne ragioni e motivazioni, capire quanto sta cambiando ed è cambiato nella Chiesa, partendo da una lettura delle sue omelie a Santa Marta e dalla lunga intervista concessa dal Pontefice a padre Antonio Spadaro, direttore di “La Civiltà Cattolica”: tutto questo è emerso oggi nell’incontro “La verità è un incontro” (Salone Intesa San Paolo – D5) con il portavoce di Cl Alberto Savorana in un dialogo con lo stesso Spadaro.
Il direttore di “La Civiltà Cattolica” è stato il primo a intervistare papa Francesco. Quello che lo ha subito colpito sono state la sua tenerezza e sensibilità: “La prima cosa che ho ricevuto dal Pontefice è stato un abbraccio, vero e sentito. Ho passato con lui tre pomeriggi ed è stata una profonda esperienza umana e spirituale. Quando si parla con lui hai l’impressione di sedere su un vulcano, è una sorta di caos calmo, non ti propone nulla di preconfezionato. Non risponde alle domande, ma ti risponde. È consapevole dell’unicità assoluta di ogni incontro”.
Ciò che ha sorpreso padre Spadaro è quanto il pensiero del Pontefice sia sempre aperto alla realtà. Una realtà sempre prevalente sulle idee. Infatti, alla domanda su chi sia un Gesuita, l’ordine a cui il Pontefice appartiene, risponde: “È una persona dal pensiero incompleto, guarda all’orizzonte tenendo sempre Gesù Cristo al centro”. Appare così la figura di un Papa che privo di un “progetto” rigido, o più semplicemente di un disegno, come ricorda Spadaro, “non ha una visione ideologica della realtà, ma esperienziale”. Il Papa ci invita a non scambiare l’idolatria dei nostri pensieri per fervore. I tre punti fondamentali dell’identità cristiana per lui sono l’impegno di adorare Dio e amarci gli uni gli altri, essere al servizio gli uni degli altri e mostrare con la nostra vita “non solo in cosa crediamo ma soprattutto in cosa speriamo”.
Francesco vive a Santa Marta perché vuole il contatto con la gente, sceglie di stare nella realtà e viverla senza filtri o mediazioni. Per il Papa la pratica, non il concetto, di testimonianza è essenziale: “Se hai davanti un ateo, puoi leggergli tutta una biblioteca sulla fede, ma lui non la ritroverà. Ma se davanti a lui c’è chi testimonia misericordia e amore, questo fa nascere un’inquietudine che apre la porta allo Spirito Santo, alla possibilità di sentire e provare la misericordia di Dio”.
Su se stesso, ricorda padre Spadaro, Francesco è trasparente e sincero fino all’estremo. “Io sono un peccatore graziato dal Signore, che ha sentito su di sé la carezza della misericordia”, dice il Papa nell’intervista a “La Civiltà Cattolica”. E ancora: “Dobbiamo fare scattare il grilletto della misericordia. Solo chi ne è accarezzato sta bene con il Signore”. Per lui la misericordia è la carezza di Dio al mio peccato. È lei a creare nella persona stupore e mistero, condizioni per aprire il cuore al legame con Cristo.
I tratti della personalità del Papa si esprimono anche nel suo costante porre domande alla Chiesa, ai fedeli, agli uomini. Secondo Spadaro, Francesco è portatore di un pensiero aperto, vuole che sia la Chiesa nel suo complesso a esprimersi su temi, argomenti, problemi. Vuole condivisione e partecipazione. La sua concezione è quella di un’istituzione ecclesiale che sia fiaccola e non faro. Il faro indica la rotta, illumina il mare in tempesta e il porto dove approdare: ma è fermo. Invece, essere fiaccola significa essere in cammino, accompagnare i processi culturali e sociali. La fiaccola cammina insieme all’umanità, anche se essa sta camminando verso il baratro, soprattutto può illuminarla prima della caduta.
In questo atteggiamento Spadaro e Savorana trovano assoluta continuità tra i pontificati di Benedetto XVI e Francesco. “Benedetto ha colto la densità dei nostri tempi, le rapide mutazioni e le grandi sfide che la Chiesa ha di fronte – osserva il gesuita – ha iniziato un cammino per passare il testimone, o meglio la ‘fiaccola,’ a Francesco”.
Nasce da qui la necessità di un nuova pastorale, di un nuovo modo di proporre e testimoniare il Vangelo. Spadaro ricorda la lettura della parabola del buon pastore offerta da papa Bergoglio. Nell’ovile non ci sono più 99 pecorelle e una dispersa. Il rapporto è cambiato. Nell’ovile ne è rimasta solo una. Per questo parla di una chiesa dalle porte aperte. Non solo e non tanto per far entrare le persone, ma per permettere a Cristo di uscire e di essere nel mondo.
“Viviamo un tempo e un mondo dove tutti noi siamo sommersi da risposte. Basta un motore di ricerca e ne abbiamo a milioni, su qualsiasi problema – ha concluso padre Spadaro – e oggi il Vangelo non può più essere solo il libro delle risposte, che ovviamente contiene completamente, deve essere il libro delle domande. Abbiamo bisogno di una pedagogia della domanda. Di domande che provochino la ricerca di risposte autentiche: della verità”.
La provocazione dello scandalo infinito dell’amore di Cristo per l’uomo, sta proprio nella capacità che tutti noi dobbiamo avere nel domandaci e nel chiedere. Perché, solo domandando possiamo incontrare l’autenticità di una risposta vera. È questa la più grande e la più importante delle provocazioni che oggi il Santo Padre propone a tutti.
(C.B., L.T.)