LA SFIDA DEL CAMBIAMENTO: WELFARE E SVILUPPO COME USCIRE DALLA CRISI SENZA SACRIFICARE NESSUNO

Press Meeting

Il Meeting entra nel vivo di un tema da sempre molto caro alle platee riminesi: il welfare state. Sulla “sfida del cambiamento del welfare” si sono confrontati Mario Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Corrado Passera, ministro dello Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti e Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà.
Il moderatore Francesco Bernardi, presidente del gruppo bolognese Dse, ha introdotto il tema sottolineando che la generazione dei sessantenni è stata abituata ad intendere i servizi pubblici (sanità, scuola, pensioni) come beni acquisiti in quanto prodotti dallo stato. Oggi queste certezze, soprattutto per le giovani generazioni, sono messe in dubbio dalla crisi finanziaria degli stati.
Una vera e propria lezione di welfare quella di Vittadini, che è partito dalla constatazione che l’idea di welfare state è entrata in crisi per le difficoltà delle finanze pubbliche dei paesi occidentali. Non per questo però va abbandonato il carattere universalistico e solidaristico che è stato la cifra dei nostri sistemi occidentali. “Occorre ripensare un welfare state centralista e monopolista che non è più capace di rispondere ai bisogni dei cittadini-utenti”, è il commento del presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, “il cambiamento va avviato a partire da due principi cardine: la libertà di scelta e la responsabilità dell’utente”. I due approcci statalista e liberista secondo Vittadini sono il frutto di un’antropologia negativa che concepisce l’uomo come l’“homo homini lupus” di hobbesiana memoria.
Passando alla pars construens, Vittadini ha trattato dei “quasi-mercati” per la gestione del welfare, sperimentati in Inghilterra a partire dalla fine degli anni Ottanta. “Sono una risposta realistica a una riforma dello stato sociale purché contengano quattro elementi strutturali: il pluralismo dell’offerta e la possibilità di gestire i servizi per gli enti privati e no-profit accreditati; la libertà di scelta dell’erogatore del servizio; la sussidiarietà e la solidarietà, ossia l’universalità di protezione del sistema welfare e infine il metodo di finanziamento che privilegi la scelta dell’utente”.
Il ministro Passera ha esordito ricordando che il welfare è una scelta di civiltà propria dell’Europa. Welfare, coesione e crescita – è il parere del ministro – devono procedere insieme. Non è più possibile oggi varare provvedimenti che non tengano conto di questa connessione. Il ministro, condividendo l’analisi di Vittadini, ha sottolineato che “occorre passare da un welfare centralista e/o liberista a un welfare sussidiario, che parta dalla responsabilità dei cittadini e in cui lo stato abbia un ruolo perequativo”. La crescita economica perciò è un fattore determinante nel sostenere un welfare sussidiario e universalistico.
Passando all’analisi dell’oggi, il ministro dello Sviluppo economico ha sottolineato che il nostro debito pubblico solo apparentemente si è mantenuto costante nell’arco degli ultimi vent’anni a circa il 120 per cento del pil. In realtà la situazione è peggiorata, poiché “non si sono attivati i benefici derivanti dall’entrata nell’Euro e la spesa per investimenti è stata sacrificata a favore della spesa corrente, cresciuta enormemente”. Qui si collocano gli interventi del governo Monti, di cui Passera ha rivendicato l’efficacia, a partire dei provvedimenti “Salva Italia” per evitare il commissariamento del nostro Paese da parte dell’Europa e le altre misure per la razionalizzazione degli apparati pubblici. Riferendosi alla sua storia di amministratore di grandi imprese il ministro ha ricordato che “un gap da superare in Italia è la produttività del lavoro” ed ha auspicato che le parti sociali “trovino all’interno delle singole realtà aziendali gli strumenti per poter rilanciare la produttività a beneficio delle imprese e dei lavoratori”.
Passera ha chiuso il suo intervento ricordando che “il peso della burocrazia grava sulle spalle del paese”, paragonandola ad una matassa, che diventa tanto intricata da risultare soffocante per l’Italia. Ecco perché “occorre una riforma che individui esattamente i soggetti responsabili” e – nel caso in cui siano inadempienti – i meccanismi decisionali sostitutivi.
Mario Moretti ha proseguito sulla stessa direzione del ministro, sostenendo che in Italia per potersi confrontare con il mercato globale servono due condizioni: regole chiare e condivise e un sistema premiante che valorizzi il merito e l’onestà. Per l’ad di Ferrovie dello Stato compito dei politici è indicare gli obiettivi strategici a lungo termine, come ieri anche Mario Monti richiamava citando De Gasperi, per essere competitivi nei confronti degli altri Paesi.

(A.S., M.B.)
Rimini, 20 agosto 2012

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