La scuola si racconta. Nuovi linguaggi per un dialogo con i giovani

Redazione Web

La scuola si racconta. Nuovi linguaggi per un dialogo con i giovani

“Geni anonimi della didattica” al lavoro per un cammino di crescita

 

Rimini, 22 agosto 2023 – Dei problemi della scuola e del difficile dialogo con le giovani generazioni parlano tutti. I tanti punti critici e di difficile soluzione fanno nascere, però, proposte contraddittorie. A chi pensa sia sufficiente un radicale maquillage rispondono i fautori di una neo-scolarizzazione, mentre chi sostiene la necessità di una iper-scolarizzazione si scontra con quanti vogliono che la scuola si ritiri dalla vita dei ragazzi. Ne viene fuori un dibattito, che spesso piega i fatti ad idee preconcette e che impedisce di vedere chi oggi vive un’originale esperienza educativa, che non cestina il leggere, lo scrivere e il far di conto, ma rimuove schemi rigidi e vecchie liturgie, per cogliere il bisogno dei ragazzi e proporre loro un comune cammino di crescita. Di questo si è parlato nel pomeriggio di oggi, in una tavola rotonda che si è tenuta al Meeting per l’amicizia fra i popoli, in Sala Neri Generali – Cattolica, coordinata da Carlo Di Michele, presidente nazionale di Diesse. Vi hanno preso parte cinque insegnanti di scuole di ordine e grado diversi: Antonella Crostelli, Roberta Mercorio, Rosaria di Gaetano, Pino Suriano, Gabriele Lanfranchi; e quattro studiosi: Tommaso Agasisti, docente del Politecnico Milano; Daniela Notarbartolo, formatrice; Roberto Ricci, presidente dell’INVALSI; Marcello Tempesta, docente di Pedagogia dell’Università del Salento.

Ai cinque docenti il compito di raccontare come una nuova scuola sia possibile, senza aspettare chissà quali cambiamenti strutturali; una scuola dove l’incontro con i colleghi e gli studenti ti gratifica umanamente e professionalmente. Questi “geni anonimi della didattica”, come li definirebbe Pier Cesare Rivoltella, della Cattolica di Milano, hanno presentato i progetti realizzati nelle loro scuole. Alle elementari di Ostra, in provincia di Ancona, Antonella Crostelli ha introdotto i ragazzi alla matematica realizzando il plastico di un centro commerciale, dove svolgere attività virtuali e confrontarle poi con la realtà di un centro commerciale vero e proprio. Rosaria di Gaetano, a Sorisole, nella bergamasca, ha avviato dei laboratori di scrittura collettiva con Edoardo Martinelli, uno degli scolari di don Lorenzo Milani, per cominciare dal basso un percorso educativo. Un esperimento che adesso è in rete e ha coinvolto tredici scuole (una pure a Santa Fe, in Argentina). Roberta Mercorio, precaria da tre anni, quest’anno ha dovuto spiegare il metodo scientifico ad una prima media della periferia di Milano. Molti dei ragazzi che aveva davanti non conoscevano neanche l’italiano. Li ha coinvolti facendoli parlare per un’ora su una slide con dentro la foto di un bambino, del Gran Sasso e della Cappella Sistina. La micro-conferenza e il podcast sono due pratiche con cui, a Polidoro, si cimentano i ragazzi di Pino Suriano, loro insegnante di lettere. Gli studenti scelgono gli argomenti, scrivono il testo, realizzano le slide, fanno la revisione cooperativa. Nessuna competizione ma un cammino insieme verso un obiettivo. Niente a che vedere con i pirotecnici “collegamenti” dell’esame di Stato. A Seregno, Gabriele Lanfranchi ha ripreso il metodo della disputa delle università scolastiche del XIII secolo, per rispondere alla domanda se lo smartphone ci aiuti ad essere meno soli. Anche qui nessuna competizione: l’altro non è un avversario, ma l’occasione di un approfondimento.

Su queste esperienze hanno ragionato i quattro studiosi. Tutti hanno sottolineato come il compito della scuola sia quello di essere in grado di cogliere il bisogno degli studenti e che gli insegnanti sono efficaci se riescono a farlo. «L’anno scolastico è un cammino di crescita?», si è chiesta la Notabartolo. «La scuola aumenta la capacità di ragionare? Il ragazzo riesce a stare sui dati? Acquisisce un metodo per affrontare la realtà?». Per la Notabartolo, i ragazzi debbono essere sfidati nel giusto limite, «perché non si può vivere tra la noia e l’ansia», e ha concluso sostenendo che sul protagonismo di certi insegnanti la scuola deve investire. Un concetto, quest’ultimo, fatto proprio anche dal professor Agasisti, che ha richiamato i dirigenti «ad avere il coraggio di esplicitare l’obiettivo educativo delle loro scuole, ascoltare i docenti innovativi e coinvolgersi con essi». Agasisti, favorevole alle scuole paritarie, ha insistito sulla necessità di promuovere un’esperienza educativa plurale e ricca e non uniforme e povera: «Ogni scuola deve avere il coraggio di fare una proposta educativa chiara, mentre il nostro sistema scolastico cerca l’uniformità e la standardizzazione».

Sulla stessa linea d’onda il professor Suriano, secondo il quale «chi governa la scuola deve costruire condizioni che facilitino l’emergere di esperienze di reale innovazione, un habitat favorevole a forme di vita educativa. Gli insegnanti capaci di agganciare gli studenti e mobilitarli possiamo chiamarli “insegnanti incompiuti”», ha affermato, «insegnanti, cioè, che sono sempre disponibili ad imparare. Docenti costantemente al lavoro sull’attrattiva della proposta scolastica, che non hanno vergogna della fragilità dei ragazzi che gli sono stati affidati ma ne sanno scorgere i talenti».

Il presidente dell’INVALSI si è soffermato sull’importanza di nuovi strumenti, per limitare i condizionamenti che il contesto dove vivono i ragazzi esercita sui loro risultati scolastici. Ricci ha assicurato che su questo si investirà moltissimo, «perché le cose non stanno andando bene e ci sono grosse difficoltà. Dobbiamo capire però quel che vogliamo dalla nostra scuola», ha concluso, «perché nel combattere la dispersione scolastica dobbiamo stabilire che cosa, poi, i nostri ragazzi apprenderanno».

(D.B.)

 

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