Ha introdotto l’incontro di presentazione della mostra “La Rosa Bianca. Volti di un’amicizia” Romano Christen, della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo. A 60 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale giunge proprio dalla Germania il contributo di questa mostra, che propone volti luminosi fioriti in quelle tragiche circostanze. La Rosa Bianca fu un gruppo di resistenza nato dall’amicizia di alcune persone che condividevano l’amore per la vita e la libertà e la passione per l’uomo. Questi amici si misero in gioco per giudicare la situazione politica, capire la disumanità dell’ideologia nazista ed esprimere pubblicamente il loro dissenso, fino ad essere arrestati e ghigliottinati. La mostra è nata dalla lettura di alcune testimonianze dei componenti della Rosa Bianca: gli organizzatori si sono ispirati al tema del Meeting per comunicare in questo modo la bellezza di quei volti. Prima di arrivare a Rimini è già stata presentata a Friburgo e a Colonia in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù.
È poi intervenuta Annelise Knoop-Graf, sorella di Willi Graf, uno dei membri della Rosa Bianca che, prima di morire, le scrisse: “Tu hai il compito di custodire la mia memoria e il mio volere… Da’ a tutti gli amici il mio ultimo saluto. Devono proseguire quello che abbiamo iniziato…”. Organizzare una mostra simile vuol dire ricevere l’eredità di quei giovani, che impegna ad un costante ricordo: perché la dimenticanza è sciagura, la memoria significa redenzione.
Il motto della mostra ne riassume bene il contenuto indicandone all’osservatore il percorso: “Gioiresti di questi volti se tu li potessi vedere. L’energia che uno dedica a quei rapporti rifluisce tutta intera nel proprio cuore”, come scrive ad un amico Hans Scholl, il leader del gruppo. La Rosa Bianca non era un’organizzazione, ma un gruppo di amici che condividevano gli stessi ideali. Nessuno era temerario, fanatico o entusiasta a dispetto della realtà: erano ragazzi diversi l’uno dall’altro per temperamento, ma uniti dall’amore per la musica, la poesia, la teologia. In comune avevano una profonda convinzione cristiana, che era per loro un indispensabile sostegno all’azione. Questa risolutezza non fu estranea alla decisione per la resistenza politica. La fede cristiana era per loro una sfida, e insieme un aiuto e una promessa. Decisiva fu la domanda: “Che cosa c’entriamo noi?”: da qui ebbe inizio lo sviluppo di azioni da parte di questi giovani, che agirono “in maniera inizialmente apolitica, poi inconsapevolmente politica, infine coscientemente politica”.
Annelise ha concluso il suo intervento ricordando che la storia della Rosa Bianca non è un poema eroico: sono proprio i loro errori, le loro avventatezze e persino il loro fallimento che rendono questi giovani più vicini, più afferrabili, più umani.
L.L.
Rimini, 24 agosto 2005