La rivoluzione digitale: quale impatto sociale?

Press Meeting

Bernhard Scholz, presidente della CdO, interroga imprese e pubblica amministrazione sulla rivoluzione digitale. “Le informazioni sono sempre più disponibili – esordisce – ma non la conoscenza, perché le informazioni hanno bisogno di essere interpretate”. I suoi interlocutori odierni sono Maximo Ibarra, ad di Wind, Mauro Nori, direttore generale dell’Inps, Agostino Ragosa, direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale ed Eric Gerritsen, executive Vicepresident Communication & Public Affairs di Sky Italia. Scholz, dopo aver ricordato le previsioni di investimento per l’Italia (più di quattro miliardi di euro e 54mila occupati) e chiede a Ragosa di fare il punto sulla situazione italiana.
“Siamo in ritardo – risponde il manager di Italia digitale – per la nostra scarsa capacità progettuale, anche se il nuovo piano 2014-2020 ci consentirà di recuperare mettendo a disposizione altri fondi”. Infatti ci sarebbe da arrivare, secondo l’obiettivo europeo, a una velocità di connessione di cento megabit al secondo per almeno metà della popolazione, ma Ragosa avverte che “sarà decisiva la pianificazione strategica, ed indispensabile una regia centrale”.
Nori accenna alla trentennale esperienza dell’Inps nel campo dell’informatizzazione, ma avverte che oggi, per una società complessa e quindi più fragile, la sfida è l’integrazione: “a che serve poter bloccare una pensione in tempo reale se il decesso ci viene comunicato dopo sei mesi?”
Da parte sua Gerritsen cita i crescenti consumi in termini di download di titoli per settimana, ma riconosce che “l’infrastruttura non è tutto, va riempita dalla volontà delle persone. E nel business digitale in Italia si può fare molto di più”. E prosegue: “Il mercato dell’intrattenimento è oggi un mercato unico che ha un numero sempre maggiore di operatori: servono regole uguali per tutti che favoriscano la crescita di questo settore strategico”.
Parlando di telefonia mobile, Ibarra considera soddisfacenti le infrastrutture attuali, ma a proposito di innovazione nota che i due-trecento MB al mese di traffico dati (per utente) sono nulla rispetto alle esigenze della trasmissione in streaming “come quella usata da Youtube, la più grossa emittente televisiva mondiale”. Lamenta inoltre le difficoltà di interazione con la pubblica amministrazione: pur apprezzando il Decreto del Fare a proposito dell’abolizione del fax, nota che “non è certo con questo che si entra nel futuro, ma almeno si esce dalla preistoria”. Anche Ibarra concorda che “per sviluppare il digitale in Italia occorrono una politica industriale e un investimento sulle competenze. E mancano entrambe”.
Sulla questione anche Ragosa ribadisce il positivo influsso occupazionale, valutabile intorno a due-trecentomila unità l’anno, ma è “preoccupato della mancanza di competenze adeguate specie nei giovani”. Incalza Gerritsen: “Le opportunità offerte dall’innovazione digitale creano straordinarie occasioni di crescita specie per i giovani”. Il loro futuro “è favorito dallo sviluppo dell’economia digitale creativa, e l’Italia ha un incredibile potenziale creativo che resta inespresso. È un’opportunità particolarmente strategica.”
Scholz infine porta il discorso sulle piccole e medie imprese: Ibarra risponde, tenendo conto che sono la quasi totalità del tessuto produttivo, che “oggi i cinque megabit al secondo soddisfano l’85 per cento delle esigenze, ma le pmi sanno ben poco di cloud computing e data center: bisogna andare a incontrarle e fare consulenza pragmatica”. In un mondo di piccole realtà, prosegue, manca la cultura di ragionare in grande. ‘Emergenza uomo’ significa anche utilizzare le risorse umane e finanziarie esistenti per un nuovo assetto culturale.
(A.C.)

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