La ricostruzione e il ritorno dei cristiani a Qaraqosh

Press Meeting

Rimini, venerdì 24 agosto – Nel Salone Intesa Sanpaolo A3, alle ore 11.30, Maria Laura Conte, diret-trice comunicazione AVSI, introduce l’incontro che ha per oggetto i momenti della ricostruzione e del ritorno dei cristiani a Qaraqosh, “un frammento di Medio Oriente che ci aiuta a capire cosa sta succedendo in questa terra martoriata, un destino che ci riguarda”. Ospiti dell’evento: Maria Gianniti, inviata della redazione esteri del Tg1; Georges Jahola, sacerdote della diocesi di Mosul, Kirkuk e Kurdistan; Edoardo Tagliani, coordinatore attività AVSI in Iraq; Mons. Alberto Ortega Martín, nunzio apostolico in Iraq e Giordania.
Gianniti afferma che uno dei problemi del giornalismo attuale è quello di concentrarsi sulla guerra ma di trascurare quello che succede dopo: pochi sono gli “inviati” che ritornano a vedere la ricostru-zione dei luoghi alla fine di un conflitto. Dopo aver spiegato le dinamiche dell’affermazione dell’ISIS in Siria e in Iraq, la giornalista si concentra sulla campagna per la riconquista dei territori del cosid-detto califfato, in particolare sulla città di Mosul (luglio 2017) e Raqqa (ottobre 2017). Gianniti ribadi-sce che “la ricostruzione è importante soprattutto perché se non si dà qualcosa subito, si potrebbe creare di nuovo un malcontento che alimenterebbe la nascita di nuove cellule affini all’ISIS”.
La giornalista, infine, sottolinea l’importanza di spazi di incontro come il Meeting, per restare conti-nuamente aggiornati su ciò che accade in Medio Oriente, rivolgendosi a persone che vengono da quei luoghi. “Oggi è diventato difficile fare gli inviati – spiega – perché è più pericoloso. Da dopo l’11 settembre si fa fatica ad essere accolti nelle zone di guerra. Esistono zone d’ombra di cui nessuno sa nulla e a cui non abbiamo accesso”.
Jahola, sacerdote della diocesi di Mosul, Kirkuk e Kurdistan per i Siri cattolici, spiega che dalla caduta di Saddam Hussein, nel 2003, il popolo iracheno ha vissuto un’epoca di violenza e distruzione so-ciale. In particolare, i cristiani hanno subito la sorte peggiore, passando da un milione nel 2003 a 250mila nel 2014. Jahola ha collaborato alla pianificazione del rientro dei profughi nella città di Qaraqosh e all’organizzazione di una campagna per schedare e documentare la città. A partire dall’aprile 2017, si è occupato anche dei progetti relativi alla ricostruzione delle case, delle aziende agricole e degli edifici di culto distrutti.
Per quanto riguarda il ruolo dell’Occidente nella ricostruzione, Jahola afferma che gli aiuti sono arri-vati soltanto dalle organizzazioni cristiane, ma non dagli Stati. “Noi non vogliamo incolpare nessuno, noi come Chiesa vogliamo lavorare per il rientro dei cristiani e per la ricostruzione. Quello che faceva l’ISIS era sotto gli occhi di tutti, nessuno può dire che non sapeva. Oggi Qaraqosh rimane l’ultimo bastione della cristianità nella Piana di Ninive in Iraq. In futuro si dirà: ‘qui abitavano i cristiani’”. A proposito del titolo del Meeting, il sacerdote afferma: “Il Meeting dà speranza a quanti come noi vengono da un paese martoriato, e dentro questa speranza c’è anche la felicità”.
Tagliani, di Avsi, illustra il progetto della Campagna Tende per la costruzione di un asilo a Qaraqosh e del progetto di riapertura di alcune aziende agricole previsto per il prossimo settembre. Il relatore parla di una “guerra silenziosa, che comincia quando le bombe finiscono. Una guerra che crea gene-razioni di sfollati, di sradicati. Ognuno di questi bambini è nato in fuga, non ha nemmeno un’immagine, un ricordo della propria città. Tant’è che il ritorno a casa è per loro come essere sfollati a casa. Questo è uno dei più gravi danni della guerra”.
Monsignor Martín sostiene che la testimonianza di fede dei cristiani in Iraq è un tesoro per l’occidente, un richiamo a vivere con più intensità. “Il loro ‘sì’ gli è costato tutto – afferma –, hanno lasciato tutto per non lasciare la fede”.
Martin si sofferma poi sull’importanza della presenza dei cristiani in Medio Oriente: “Loro creano un ponte, sono artefici di pace e vanno sostenuti con tutte le nostre forze. Hanno una missione: sono la presenza di Cristo in Terra Santa. A tutti i cristiani chiedo di vivere la fede e la comunione che è il cuore della vita della Chiesa. In queste terre la persecuzione ha unito i cristiani in un modo misterio-so. Tutti siamo una cosa sola perché siamo testimonianza della presenza buona del Signore, una promessa per la vita di ogni uomo”.

Scarica