La ricerca in medicina: un’utilità per tutti

Press Meeting

“La ricerca serve a migliorare la vita. Il medico e il malato devono porsi in un rapporto di alleanza terapeutica in un sistema sanitario che metta al centro la persona”. Con queste parole Domenico Coviello, direttore del Laboratorio di genetica umana dell’Ospedale Galliera di Genova e co-presidente di Scienza e Vita, ha introdotto il tema del dibattito sull’utilità della ricerca in campo biomedico. Coviello ha poi presentato i relatori convenuti: Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria; Pier Alberto Bertazzi, docente di medicina del lavoro all’Università Statale di Milano e Mario Giovanni Melazzini, assessore alle attività produttive, ricerca e innovazione della Regione Lombardia. Sarebbe dovuta intervenire anche il ministro della salute Beatrice Lorenzin, ma ha dovuto annullare la partecipazione a causa di un consiglio dei ministri non previsto. Lorenzin ha però sottolineato, mediante un video, la necessità di considerare “la ricerca e la sanità come due facce della stessa medaglia” e l’esigenza di “un’umanizzazione della cura” che ponga al centro la persona.
“In vent’anni la mortalità si è ridotta del 30 per cento, nell’orologio della vita abbiamo guadagnato quattro mesi in più di tempo per ogni anno”. Così Scaccabarozzi ha sottolineato quanto la ricerca biomedica abbia contribuito all’incremento delle aspettative di vita e all’aumento della qualità della vita stessa. “Bisogna considerare – ha proseguito il presidente di Farmindustria – che solo un farmaco su diecimila arriva sul mercato dopo la sperimentazione. È necessario che cresca la partnership pubblico-privato e anche tra privati”. Allo stesso tempo Scaccabarozzi ha evidenziato l’importanza per le industrie farmaceutiche di fare rete con il mondo universitario e quello lavorativo.
Nel campo della ricerca scientifica si riscontra però talvolta anche “poca curiosità intellettuale che si unisce a una ricerca senza scopo”. Per questo motivo Bertazzi ha affermato che “bisogna educarsi alla curiosità come passione al reale. La ricerca del vero è sempre anche ricerca del bene. Il campo di questa ricerca è il mondo. Non è una novità; già nel medioevo ci si spostava per conoscere, ben prima dell’Erasmus”. Bertazzi ha ribadito inoltre un’evidenza che purtroppo attualmente non risulta più tale: la ricerca si fa per trovare e “il dubbio è un interrogativo che apre e non un’ombra che preclude ogni possibilità di conoscenza”. Nel contesto accademico invece spesso “il pregiudizio, la mancanza di lealtà nei confronti di ciò che si ha di fronte costituiscono un ostacolo alla ricerca stessa”. D’altra parte “il valore della ricerca – ha continuato Bertazzi – non consiste solo nel produrre nuove conoscenze teoriche e tecniche, ma anche nel generare occupazione e dunque società”. Il professore ha poi raccontato come il suo gruppo di giovani ricercatori, con tenacia e passione, sia arrivato a strappare un finanziamento imponente al National Institute of Health per il proprio progetto nel campo della ricerca di possibili cure del tumore polmonare (per ulteriori informazioni, http//: eagle.cancer.gov).
“Sono stato chiamato al Meeting con tanti ‘vestiti’, ora parlo con il vestito cui faccio sempre un po’ fatica ad abituarmi, quello politico-istituzionale”. Con queste parole si è presentato Melazzini, oncologo, paziente affetto da SLA e ora assessore regionale. “La ricerca non è un costo, ma un grande investimento. Ma la ricerca costa e dev’essere sostenuta”. Melazzini ha proposto “un approccio manageriale alla ricerca”, nello sforzo costante di agevolare gli strumenti che consentano di reperire le risorse, “affinché la ricerca stessa possa essere realmente sostenibile”. L’oncologo ha poi accennato ai dati positivi della Lombardia in ambito di ricerca biomedica, sottolineando che “la regione deve essere strumento semplificante per chi fa ricerca e deve guardare ai meriti del ricercatore”. Quindi ha lanciato una provocazione: “Dovremmo pubblicare anche i risultati negativi delle nostre ricerche, perché anche quelli servono”. Infine l’assessore ha evidenziato che “la speranza del ricercatore è nello sguardo rivolto alla persona malata, destinataria del suo obiettivo. Occorre che tale speranza venga alimentata”.

Scarica