“Se è come dici tu”, è una frase che Oriana Fallaci ha ripetuto due volte a monsignor Fisichella, “allora, quando dovrò morire, tu mi devi tenere la mano”. “Questa frase”, ha segnalato il Rettore della Pontificia Università Lateranense, “divenne per me un obbligo morale”.
La Sala B5, da 850 posti, non è stata in grado di contenere le numerose persone accorse per l’incontro su: “La ricerca di Oriana”. Gli organizzatori quindi hanno provveduto a collegare con la sala altri luoghi del Meeting.
“Sono qui”, ha esordito lo scrittore Renato Farina, “per un motivo molto semplice: perché ho avuto io l’idea di fare questo incontro. Il tema del Meeting di quest’anno, sulla verità e sul destino, per me si è subito incrociato con la faccia della Fallaci”. Quindi Farina ha presentato “le due persone che più sono state amiche” della grande scrittrice, morta nel settembre 2006.
Con grande efficacia, Vittorio Feltri, Direttore di “Libero”, ha caratterizzato la singolare personalità della Fallaci (“Era cattivissima, terribile”) e ha raccontato vari episodi di un rapporto iniziato alla fine degli anni Ottanta. Feltri ha rievocato la curiosa storia di “Lettera a un bambino mai nato”: doveva essere un articolo per l’”Europeo”, è diventato un piccolo libro; quindi ha aggiunto: “La sua è stata una difesa strenua della vita, non sentimentale, ma razionale. E questo non fu tollerato dalla sinistra. Come non fu digerito il suo ripensamento quando disse: in fondo in Vietnam avevano ragione gli americani. Quando l’ho conosciuta era molto arrabbiata con tutto il mondo”. Ancora: “Ogni volta che scriveva una riga andava dritto al cuore della gente e se ne fregava degli intellettuali organici”.
S. E. Monsignor Rino Fisichella ha poi raccontato il suo rapporto con la Fallaci che, iniziato con una lettera della scrittrice da New York del giugno 2005, è poi proseguito fino alla fine. Oriana gli scrisse dopo un’intervista di Fisichella al “Corriere” e si disse commossa dalla lettura del testo: “Ho rischiato la lacrima e mi sono sentita meno sola. Come quando leggo Joseph Ratzinger. Se un papa ed un’atea pensano la stessa cosa, vuol dire che ci dev’essere sotto una verità”. La Fallaci espresse al relatore il suo desiderio di incontrare, “zitta, zitta, lontano da occhi indiscreti”, Papa Ratzinger, come poi avvenne. Fisichella, citando anche altre lettere della scrittrice, ha parlato di “un’amicizia breve, ma molto intensa” e di un incontro, negli ultimi tempi, “quasi quotidiano” (contando anche le telefonate).
Sollecitati da altre domande di Farina, Feltri e monsignor Fisichella hanno proseguito il loro racconto e la loro testimonianza per oltre un’ora.
“Oriana si definiva un’atea, anche se un’atea cristiana. Ed io non posso dirmi diverso da lei”, ha affermato Feltri. “Noi tutti siamo vissuti in una cultura cristiana e, di fronte ad una minaccia che viene dall’esterno, bisogna far quadrato e difendere questa cultura cristiana”.
Rino Fisichella ha concluso l’incontro con questi giudizi: “Io sono convinto che la Fallaci aveva dentro di sé una profonda nostalgia di Dio. Diceva di non credere, ma aveva una grande speranza. Credo che noi cristiani dobbiamo parlare di fede rivestendola dei panni della speranza”.
V.C.
Rimini, 21 agosto 2007