“Non si può che essere grati a un uomo che ospiti il vero e faccia la fatica di esprimerlo”. L’uomo al quale si riferisce Edoardo Rialti è Tolkien, in particolare il Tolkien de “Il signore degli anelli”, romanzo al quale il Meeting ha dedicato l’incontro odierno. Camillo Fornasieri, Direttore del Centro Culturale di Milano, ha presentato il dibattito come un’occasione per conoscere meglio la bellezza di questo romanzo, che mostra come sia possibile, “allargando la ragione, percorrere il cammino per raggiungere la verità”.
Con “Il signore degli anelli” Tolkien ha contrapposto la conoscenza come stupore e amore, modalità dell’Incarnazione, al modello illuminista di conoscenza che, separando ragione e immaginazione, verità scientifica e poetica, conduce all’alienazione. Questa è la tesi che Alison Milbank, Docente di Letteratura e Teologia all’Università di Nottingham, ha dimostrato nella sua relazione. Potrebbe sembrare paradossale che l’accesso alla verità sia reso possibile da un viaggio fantastico; eppure, come scrisse lo stesso Tolkien in un suo saggio, “la fantasia ha tre finalità: la fuga, il recupero e la consolazione. La fantasia ci permette di fuggire dalla gabbia delle nostre percezioni e ci permette di incontrare altri esseri, come i draghi”. Il modello di conoscenza che Tolkien propone si ritrova in particolare nella figura di Sam, che grazie all’unione di stupore e meraviglia, “coglie la presenza del mondo come altro da sé”. La verità, conosciuta sia attraverso il corpo sia attraverso la mente, “è quella per la quale siamo stati creati e alla quale siamo destinati”, ha concluso Milbank.
Come i personaggi del romanzo anche noi non possiamo percorrere da soli il cammino alla verità. Ne è convinto Guglielmo Spirito, Docente di Spiritualità presso l’Istituto Teologico di Assisi, che ha ripercorso il rapporto che nel romanzo lega i personaggi di Frodo e Gandalf. Tra i due “si sviluppa progressivamente un rapporto di crescita che ha tutte le affascinanti dinamiche tipiche della paternità/filiazione”. Grazie al rapporto con Gandalf, che lo guida passo a passo amorevolmente, Frodo cresce, diventando a sua volta genitore. Riprendendo una frase di Sam, “anche noi apparteniamo alla medesima storia”: Spirito ha sottolineato la necessità che ciascuno faccia la propria parte nella storia trovando quella saggezza che “permette di essere fecondi e riattuare nella vita reale le stesse dinamiche per gustare quella stessa atmosfera”.
Rialti, studioso e traduttore delle opere di Lewis e di Tolkien, considera “Il signore degli anelli” un romanzo confortante, perché “ristabilisce la vita nella sua piena grandezza e verità”. Come? Alla fine si scopre che “il bene per il quale siamo partiti non basta più”: il romanzo termina con l’attesa del paradiso. “Ciascuno di noi già è Frodo”, perché, ha spiegato Rialti, ciascuno ha un cuore capace di dire di sì ad un’avventura che gli viene proposta e di iniziare a camminare”. Ogni passo del cammino è sostenuto, perché “siamo oggetto di un amore più grande del nostro limite”. Tolkien ha potuto scrivere tutto questo “perché era tutto vero nella sua vita”.
V.V.
Rimini, 24 agosto 2007