“La storia di un miracolo, impossibile ai più, tra realtà che sembravano inconciliabili”. Con questa affermazione, Alberto Savorana, Direttore di Tracce, ha introdotto i relatori che hanno animato l’incontro svoltosi in sala A1: John Waters, editorialista de The Irish Times, Martin Mansergh, Senator for Seanad Eireann, e S. E. Mons. Diarmuid Martin, Arcivescovo di Dublino e Primate d’Irlanda.
Savorana ha poi continuato dicendo che il miracolo è avvenuto grazie alla “certezza di un destino buono, di una verità perseguita come pace”, realizzando gli auspici di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
“Anche nei conflitti più duri c’è un seme di umanità riconosciuta” ha detto Waters all’inizio del suo intervento. Il conflitto, che in apparenza sembrava essere di tipo religioso, ha tenuto dentro, lungo tutto il suo sviluppo “sentimenti tribali dell’uomo”, secondo cui esiste un’esigenza che porta l’uomo a “cercare i propri simili”: “la fedeltà a questi sentimenti genera odio”. Quello che sembrava impossibile, in una realtà dominata dall’odio e dalla paura, invece si è realizzato, ha detto Waters, paragonando la sua terra a “un giardino in cui non si lavora da tempo e quindi crescono le erbacce”. “Malerba o fiori?” si è chiesto, facendo di questo interrogativo la base del processo di pace. Affinché questo processo giungesse alle conclusioni cui è poi giunto “è stato necessario ascoltare chi aveva posizioni diverse”: attraverso il dialogo è stato possibile riconoscere qualcosa di positivo dell’altro che mi stava di fronte. In questo dialogo, ha infine affermato, “è stato un grave errore escludere tutti gli elementi violenti, che hanno continuato a vivere il loro dramma rispondendo con le bombe”.
Mansergh, discendente di colonizzatori, quindi appartenente alla minoranza protestante, eletto anche grazie ai voti di cittadini cattolici, ha iniziato esprimendo alcuni dubbi sulle origini tribali del conflitto esposte precedentemente da Waters. Nel corso del suo intervento ha poi evidenziato i punti fondamentali del processo per una pace ormai sancita, partito dal lontano 1994 con il “cessate il fuoco per l’inizio del dialogo” (aiutato dall’esempio tedesco della caduta del Muro di Berlino), proseguito negli anni successivi con il “negoziare un accordo politico completo per la fine delle ostilità fra le due parti”, giunto infine alla “piena attuazione dell’accordo” nel maggio di quest’anno. Alla fine di questo lungo e difficile processo sono state ripristinate le istituzioni ed “è bello ora vedere che i leaders delle due fazioni lavorare insieme con cordialità”. Anche se occorre tempo per superare le vecchie ruggini, ciò che è certo è che “L’Irlanda non sarà mai più divisa”.
Prima di parlare del futuro, ha dichiarato Mons. Martin, devo pagare un tributo a coloro che hanno creduto in un futuro diverso: ai tanti “minilavoratori della riconciliazione” (preti cattolici e pastori protestanti) e ai politici che si sono “levati dalle loro tribù”. Martin ha poi individuato in tre punti la possibilità di far durare nel tempo il processo iniziato: rinnovamento della politica, a partire dalla “Deus caritas est” di Benedetto XVI, in modo da superare “la politica della storia per arrivare ad un coinvolgimento di tutti in una nuova politica” basata sul servizio e sul pragmatismo; rinnovamento dell’economia e rinnovamento della Chiesa, chiamata ad “abbracciare ed amare le diversità per raggiungere un’umana convivenza”. Occorre che la Chiesa raggiunga i giovani, ha proseguito, “desidero vedere i miei giovani come quelli che sto vedendo qui al Meeting”. Il processo di pace, ha poi concluso, non può avvenire al di fuori dell’Unione Europea.
G.F.I.
Rimini, 22 agosto 2007