la fiducia nasce fissando il testimone
Rimini, 23 agosto – «Gli studi di settore ci dicono che in futuro le città saranno abitate da sempre più persone. Mancherà però il tessuto sociale di relazioni e storia che si forma invece lentamente. Avremo nuove solitudini diffuse? Alcuni dicono di no perché tutto dipenderà dal grado di fiducia tra le persone, cosa ne pensate?». Il tema dell’incontro è stato così impostato da Valeria Peverelli, supervisor community relations Sec Spa, che ospita nella discussione in Arena Polis Edison A1 Giuseppe Albera, architetto dello studio Albera Monti Associati, Alberto Bonfanti, Associazione Portofranco Milano, e Michela Conti, co-founder e marketing manager di HelloUGO.
Ha proseguito Albera: «Progetto luoghi di lavoro che devono tenere conto di tre tipi di persone: lo statico, il girovago interno e il vagabondo, che è molto mobile anche esternamente all’azienda e tipicamente è un consulente. Queste tre tipologie hanno in comune il fatto che le persone sono nella stessa azienda e tutte hanno la necessità di sviluppare le competenze trasversali, quelle che in gergo si chiamano i soft skill. La richiesta che viene fatta dai committenti è quella di progettare spazi che prevedano queste tipologie di dipendenti», ha spiegato, «e per questo devo studiarne la dislocazione adeguata, un tocco di arte creativa, un corredo di verde vivo, la corretta illuminazione e uno studio adatto di acustica. Il dipendente percepisce la fiducia dell’azienda in lui e si sente più responsabile e orgoglioso nell’appartenenza. In un contesto del genere cambiano le realtà lavorative».
Cambiando il contesto applicativo, è intervenuto Bonfanti: «Portofranco è nato nel 2000 ad opera di Giorgio Pontiggia sull’idea forte di base di voler incontrare studenti senza rete, giovani soli con bisogni e senza aiuti. Ha coinvolto noi insegnanti nella ricerca dei bisogni e dei desideri di questi ragazzi, innanzitutto quello di voler andare bene a scuola. Nel tempo si è scoperta la ricchezza dell’umanità della persona, è nato un rapporto, e si è capito che la persona non coincide coi suoi bisogni ma il bisogno emerge. La condivisione dei bisogni ha portato a condividere una visione della vita. È stato importante aver preso sul serio il ragazzo, più che ampliare il suo divertimento», ha concluso. «Abbiamo così combattuto la dispersione scolastica e abbiamo creato spazi da cui sono nate amicizie. Dalle testimonianze dei giovani ricorre l’evidenza di aver incontrato gente allegra, di essere stati accettati nel proprio insieme di qualità e di difetti e di aver provato un senso di sicurezza derivante dal fatto di aver sempre trovato aiuto in Portofranco».
Altro ambito toccato è stato quello della piattaforma HUGO, di cui ha parlato Conti: «La piattaforma è nata due anni fa come servizio alle persone fragili, all’inizio anziani che avevano bisogno di essere guidati da caregiver formati appositamente. Viene previsto un percorso per cui il primo passo è il contatto molto stretto dell’anziano con una persona delle nostre, poi l’introduzione dell’uso di HUGO e la creazione di una confidenza con la piattaforma e infine una relazione dell’anziano attraverso HUGO con una persona delle nostre appositamente formata che a questo punto fa da supporto all’anziano nell’uso dello strumento. HUGO in ogni esperienza ha saputo costruire una fiducia tra l’anziano e l’operatore e così è diventato un famigliare in più nell’aiuto per le varie necessità fuori casa come fare la spesa, camminare per strada e andare nei musei. HUGO è nato come aiuto per problemi sanitari ma poi ne è stato esteso l’impiego per altre fragilità come l’insicurezza giovanile, fino al supporto per le esigenze di impiego del tempo libero».
«Abbiamo visto la fiducia che nasce in tre contesti molto diversi», ha quindi continuato Peverelli, «e in ogni esempio è una rivoluzione perché cambia la realtà di chi ne è coinvolto. Ma come nasce? «La fiducia nasce dalla conoscenza del testimone che diventa credibile, la fiducia è seguire il testimone perché sei convinto che lui non ti voglia ingannare», ha risposto Bonfanti. «La fiducia non si prende ma si dà, ma chi è capace di dare fiducia? Chi risulta credibile nel dare fiducia tanto da meritarsi di essere seguito? Chi ha fatto esperienza di gratuità». «E come fare a creare fiducia tra gente sempre connessa ad un mondo virtuale?», ha rilanciato Peverelli. «La tecnologia è un mezzo», è stata la replica di Conti, «ma poi la fiducia nasce all’interno di una relazione, di un incontro, di un contatto umano. La fiducia, che apparentemente nel giovane sembra cieca, nelle persone virtuali in realtà è mediata al primo accesso da consigli e conforti di amici e quindi da persone reali».
Bonfanti ha poi osservato che «il livello dei social è superficiale e se un giovane si ferma al social, ovvero al virtuale, resta un giovane solo». E Albera ha offerto poi un contributo a sorpresa: «Ho 34 anni e posso dire che nel mondo del lavoro in Italia ancora oggi non si dà fiducia al giovane se non molto tardi, quando non è più giovane. È il tema della fiducia tra generazioni su cui sono scettico, ma questo è un grande tema. Inoltre, per mia esperienza, quando la tecnologia è pervasiva, lo si vede sul posto di lavoro, e occupa tutto lo spazio espressivo della persona, il singolo cerca il contatto con le persone sulle terrazze, nei bar, nei luoghi di incontro». Quindi, è la chiusura di Peverelli, la fiducia cambia la vita delle persone quando incontrano testimoni, quando cioè, fissando lo sguardo sul testimone, la persona riprende a vivere.
(A.L.)
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