La diplomazia di Francesco. La misericordia come processo politico

Press Meeting

L’auditorium B3 alle ore 15 ha visto, in questo ultimo pomeriggio della trentasettesima edizione del Meeting, un altro importante ospite: Antonio Spadaro, Direttore de La Civiltà Cattolica e assiduo frequentatore dei viaggi e del pensiero di Papa Francesco. “Lo abbiamo incontrato perché vogliamo essere aiutati a comprendere quale è il tratto dello sguardo del Papa alla luce del celebre discorso tenuto dal pontefice in occasione del premio Carlo Magno” lo introduce Alberto Savorana, Portavoce di Comunione e Liberazione.

Padre Spadaro parla in modo semplice, ammette candidamente, di essere in una strada di comprensione di tutto ciò che vede nell’agire del Papa; desidera offrire a noi solo la propria esperienza: “l’itinerario del viaggi apostolici di Papa Francesco è stato segnato dalla Misericordia. Io stesso ne sono sempre molto colpito. Quello che proverò a delineare sarà come essa va intesa nell’agone diplomatico.”

Il gesuita parla della misericordia come di una forma poliedrica dalle tante sfaccettature e affronta il tema da ben sei punti di vista, ciascuno dei quali ne delinea una caratteristica fondamentale. Veniamo così trasportati in un viaggio in compagnia di papa Francesco per provare a comprenderne le mosse, le parole le sorprendenti decisioni.

“Il tempo della misericordia non coincide con i tempi favorevoli” afferma Spadaro iniziando il suo intervento “così come accade al tempo della venuta di Cristo, venne la pienezza del tempo, ma non era un tempo geo politicamente propizio per il popolo di Israele, viveva la sottomissione romana”, “La misericordia si manifesta nel dramma. Il culmine del tempo è dato dalla presenza di Dio nella storia”. Spadaro ci mostra un Papa che sa perfettamente che la pace in astratto non esiste, poiché la conflittualità è un elemento caratteristico dell’essere umano, un Papa che, però, sa che la Misericordia può cambiare il modo. “La traiettoria di papa Francesco è molto chiara – prosegue il direttore – a Betlemme ad Auschwitz non parla ma tocca, tocca i muri per risanarli, tocca i muri perché sa che sono ferite, le ferite dell’uomo” e come Cristo che cura, pone la mano su quelle ferite per sanarle.

“La misericordia è un principio d’azione che utilizza un realismo non determinista: non considera mai nulla e nessuno come definitivamente perduto” il presule offre uno spaccato di questo anno così intenso: “il Papa ha aperto migliaia di porte sante trasformando l’anno santo in un mondo santo. Egli genera gesti colmi di fluidità, non sposa mai i meccanismi interpretativi rigidi”. Infatti “ Il Papa propone una narrativa anti apocalittica; davanti all’orrore dell’attentato del 13 novembre la sua reazione è stato lo sgomento, non l’invettiva né lo schieramento”; “È inutile chiedere al Papa la condanna dell’Islàm – continua Spadaro – “sarebbe sposare la modalità del Daesh che vuole la guerra di religione”. Con il suo atteggiamento papa Francesco sta svuotando la macchina narrativa del califfato per il quale la prospettiva di una guerra di religione sarebbe il segno atteso, quanto di più desiderabile. “Per papa Francesco l’unico filo spinato è quello della croce di Cristo” assicura il gesuita.

“Francesco oppone una forte resistenza alla concezione di un cattolicesimo come ultima forza politica. Egli rifiuta tutte e forme istituzionali per non perdere il senso della diaconia del cristiano ponendo, in tal modo, fine all’epoca costantiniana”. Secondo Spadaro il Papa desidera che “I cristiani seguano Cristo fuori dalle mura della città santa per essere con Lui che va verso la morte”. “Ciò potrà aggregare tutta l’umanità, si potrà rompere quello spettro che pervade tanto cristianesimo moderno della garanzia politica come ceto dominante”. Non una egemonia, quindi, ma una Chiesa in uscita. Per il direttore le radici cristiane dell’Europa, si possono sintetizzare con il gesto della lavanda dei piedi.

“Il Papa sta circumnavigando l’Europa” prosegue Spadaro raccontando di una intervista a “La Cárcova News”, un giornalino di quartiere legato a una villa miseria, “Francesco ha chiarito che cosa egli intende per periferia. Nella misura in cui usciamo dal centro e ci allontaniamo da esso scopriamo più cose, e quando guardiamo al centro da queste nuove cose che abbiamo scoperto, da queste periferie, vediamo che la realtà è diversa. E ha fatto un esempio: «L’Europa vista da Madrid nel XVI secolo era una cosa, però quando Magellano arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa». Lo sguardo di Bergoglio è, dunque, quello di Magellano e vuole continuare a esserlo”. “L’Europa per papa Francesco è un processo ancora in atto e non un confine ben preciso”.

Spadaro volge al termine del suo discorso con un’ultima immagine forte: “con un atteggiamento proattivo e dinamico, nell’ottica della periferia, integrare significa inserire le differenze nel processo di costruzione”. L’identità si allarga, diventa dinamica che ha come tempo il futuro. “La tua identità, Europa, è data da ciò in cui speri. Non da chi eri. Ma da che cosa speri”. Questa è la vera sfida che papa Francesco sta ponendo oggi all’Europa.

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