Rimini, 22 agosto 2021 – Fernando De Haro ha intervistato Jesús Carrasco (nato nel 1972 a Badajoz – Estremadura), che è probabilmente il miglior romanziere di Spagna, oggi.
L’incontro inizia vicino a Toledo, in un paesino abbandonato di nome Caudillia, luogo dove Carrasco ha trascorso la sua infanzia e cui si è ispirato nell’ambientare il suo romanzo “Intemperie”. Lo scrittore spiega che il male è protagonista nei suoi romanzi, nei quali egli ne indaga l’origine; altrettanto costante nelle sue storie è la relazione tra due persone, attraverso la quale il male è sconfitto: dunque l’oscurità e la luce in questo senso si completano. Le relazioni tra i suoi personaggi sono anche fisiche, perché è attraverso il contatto che si estrinseca l’accoglienza dell’altro: «Per me il meglio della condizione umana si può riassumere in un abbraccio», afferma.
Il nostro, riflette Carrasco, non è un periodo storico peggiore di altri: «Credo che il deserto umano ci sia sempre stato», ma oggi la barbarie, in questo mondo virtuale, pare non avere un volto umano. L’immagine del deserto, della siccità, cui consegue il bisogno di soddisfare la sete, evoca per lo scrittore una costante della condizione umana: il bisogno di sapere, di affetto di protezione. La figura del padre, continua Carrasco, è emblematica per rappresentare il bisogno dell’uomo di una guida, che lo aiuti a superare le proprie paure.
L’intervista prosegue nella vicina cittadina di Torrijos, dove Carrasco ha vissuto dall’età di quattro a diciannove anni. Lo scrittore racconta di essere convinto che il darsi all’altro possa rigenerare anche chi si dà: «Si ha quindi un mutuo rinascimento» e questo incontro vince anche gli esiti nefasti dell’ideologia.
Tornando alla figura del padre, Carrasco ammette che questa rappresenta Dio: che accompagna l’uomo anche nei luoghi di più abietta disperazione, pur non impedendo, secondo una misteriosa volontà, che questi esistano nel mondo.
(C.C.)