DONINELLI E CATELLA HANNO DIALOGATO SULL’IMPORTANZA DI PROGETTI STRATEGICI ALLA BASE DELLA RIQUALIFICAZIONE URBANA
Rimini, 20 agosto – «Passato, presente e futuro. Tre dimensioni ugualmente presenti oggi all’interno delle città e con cui la città stessa deve imparare a fare i conti». Così Luca Doninelli, scrittore che ha dialogato con Manfredi Catella, ceo Coima Res, nel primo di tre incontri dedicati al rapporto tra città, bellezza e dimensione temporale.
In Arena Polis Edison A1, il dialogo tra i relatori si è concentrato sul tempo presente. Oggi, cosa fa funzionare una città? Innanzitutto serve un progetto strategico e una forte stabilità politica. Senza questi due elementi qualsiasi grande opera che implichi investimenti, economia e lavoro è impossibile da realizzare. Viviamo in un periodo storico di grandi cambiamenti e opportunità nel quale l’Italia dovrebbe cogliere la palla al balzo e giocarsi una partita che potrebbe vincere senza troppe difficoltà. «È arrivato il momento di recuperare una vocazione che abbiamo sempre avuto: le città, infatti, sono nate in Italia. Ultimamente però abbiamo un po’ perso proprio questa vocazione». Come spesso accade però in quello che sembra essere un abisso senza via di uscita, uno spiraglio di luce c’è stato e si chiama Progetto Porta Nuova, un vasto intervento di rigenerazione urbana e architettonica che ha dato nuova vita a un quartiere di Milano che, a fine anni Novanta, risultava pressoché desolato. Ad oggi Porta Nuova, a cui ha lavorato anche Catella, è un esempio di eccellenza nel paese. Il grande ruolo di questo processo è stato culturale: si è riusciti infatti a dimostrare come le grandi opere possano essere realizzate anche in Italia come nel resto del mondo, a patto che si inizi a ragionare su un piano strategico che riguardi da vicino il rinnovamento strutturale delle nostre città così belle come, spesso, trascurate.
L’architettura è sicuramente il punto fermo da cui partire per ripensare e riprogettare le città. Ma verso quale direzione va oggi il disegno del contesto urbano? «L’architettura – ha detto Catella – è lo specchio di un periodo storico. Negli anni Novanta si costruivano grattacieli simboli di una cultura fortemente individualista. Negli ultimi anni invece si è pensato sempre di più a luoghi che mettano al centro del loro progetto la comunità». Un esempio perfetto è la High Line di New York, un progetto civico di un gruppo di persone che ha trasformato un binario dismesso in un lungo parco lineare, una passeggiata nel verde all’interno della città di cui la comunità intera può usufruire. Perché è vero che le città sono un insieme di edifici ma, prima ancora, sono luoghi costruiti attorno alle persone. È importante allora la creazione di luoghi di socialità attraverso i quali poi può avvenire una rinascita culturale, anche all’interno del nostro paese. Oggi Milano è sicuramente un esempio da seguire ma Milano non è l’Italia. L’Italia è tutto il resto. Serve quindi un progetto strategico che metta al primo posto le città e una stabilità politica che permetta di portare a termine gli obiettivi prestabiliti. In definitiva, quando possiamo chiamare una città bella? Catella non ha dubbi: «Quando la città ti sorprende, ti meraviglia». Sarebbe bello allora che in un futuro prossimo tutte le città del nostro paese fossero in grado di lasciarci a bocca aperta, più di quanto non lo facciano già.
(C.B.)
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