La bellezza a servizio degli altri

Press Meeting

Rimini, mercoledì 22 agosto – L’Arena Cammini B2 ha ospitato l’architetto Alberto Campo Baeza, introdotto da Tommaso Campiotti. “Per me l’incontro con Baeza è stato come trovare il maestro che mi ha educato nella professione di architetto”, racconta quest’ultimo, ex allievo e ora suo collaboratore da quattro anni.
“Mi hanno chiamato qui per parlare della mia architettura – inizia Baeza – Per me fare l’architetto è cercare di rendere felici le persone che abitano e abiteranno le costruzioni. Non si fa l’architetto per aumentare la propria vanità, per diventare famoso ma si fa l’architetto per mettersi a servizio degli altri e del mondo”.
Continua Baeza, raccontando dei suoi giorni qui al Meeting: “Guardando la gente che lavora alla mo-stra del Brunelleschi, mi rendo conto di come l’uomo si prenda cura delle architetture: è come poter toccare la bellezza con mano”. Questo è lo stesso principio che guida la progettazione e la ricerca architettonica di Baeza: la bellezza.
“La bellezza – riprende – necessita, però, di una rinuncia per diventare universale. Un architetto personale non è un buon architetto. Come Gaudí e Carlo Scarpa: stupendi ma personali. Invece le architetture di Mies Van Der Rohe e di Le Corbusier sono universali”. Il libro “What is a classic?” di T.S. Eliot ha contribuito alla costruzione del pensiero originale di Baeza sulla distinzione tra l’architetto personale e universale, sulla quale si è soffermato.
L’architetto passa poi a mostrare una carrellata di lavori realizzati in Italia: Porta dei Fiori (1996), Be-netton Daycare Center (2007), Porta Milano (2009), Pibamarmi Pavilion (2009), fino all’odierno can-tiere in atto Tomba Mestre (2018). Il denominatore comune che rappresenta tutte le opere di Baeza è la luce. “Sei l’architetto della luce”, dicono spesso a Baeza, ma lui risponde: “No, la luce non è di mia proprietà. Infatti ogni scatola che progetto è un esercizio di luce, un’operazione di luce”.
Cita ancora altre sue opere più recenti, costruite all’estero: Offices in Zamora (2012), House of the infinite (2014), Cala house (2015), Domus Aurea (2016) e il Multisport Pavilion UFV (2017). Da questi esempi emerge che “l’architetto deve risolvere millimetro per millimetro, abitare quasi tutto il giorno il cantiere, come si segue passo per passo la nascita di un bambino, e creare continuità tra l’architettura e il paesaggio”.
Baeza conclude affermando di non essere famoso, perchè “la fama è un pericolo”, ma di essere prestigioso. Infatti, l’architetto deve essere onesto e se lo è davvero allora il suo lavoro sarà a servizio degli altri.

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