Questa sera nell’Arena “Nuove generazioni” A1, per l’edizione delle 18.30 di “Un caffè con…”, si è tenuto l’incontro “Italia e Pakistan, due mondi dentro di me”. A confrontarsi con il tema del Meeting, Ali Tanveer, mediatore culturale e rappresentante del CONGGI (Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane).
Arrivato in Italia all’età di cinque anni, Ali, ha desiderato sin da subito sentirsi uguale agli altri, partecipare a quella nuova comunità, con la spontaneità che solo un bambino può avere. Ha imparato nel giro di pochi mesi la lingua e ha desiderato fortemente creare legami. Forse perché, ricorda, «in Pakistan stavo bene, avevo tante relazioni e tutti mi coccolavano perché ero il più piccolo. Quando siamo arrivati in Italia, siamo andati a vivere in una casa in campagna a cinquanta chilometri da Bologna. Per un mese non ho visto nessuno, solo i campi, perché non avevo ancora tutti i permessi per frequentare la scuola. Me lo ricordo come il periodo più faticoso e lungo della mia vita».
Tanveer continua a descrivere la propria crescita, raccontando: «Più andavo avanti più mi scostavo dalla mia cultura d’origine, ero l’unico straniero nella mia classe, non volevo sentirmi diverso. Perciò ho allontanato da me tutto ciò che veniva dal Pakistan. Mi sono appropriato della mia identità italiana allontanandomi da quella pakistana.»
All’età di diciott’anni alcune domande pressanti di una professoressa e del suo migliore amico fanno ritornare a galla in Tanveer un problema da affrontare e fino ad ora solo allontanato: «Io che cosa sono? Perché il paese che sentivo mio non mi riconosceva suo?». Ali sprofonda, così, in una crisi identitaria difficile da superare; ma è un ragazzo serio, leale con le proprie domande. La serietà verso questa crisi e l’incontro con alcune persone chiave lo portano al recupero di una nuova identità: «Ho incontrato un ragazza italo-libica responsabile di una cooperativa formatrice mediatori culturali. Mi ha proposto, vista la conoscenza della lingua, di fare il mediatore; dandomi, così, l’opportunità di una riscoperta delle mie origini. Questa è stata la chiave di volta della mia vita. Ho scoperto di poter essere ponte tra due realtà: interpretando e traducendo potevo ricostruire il rapporto tra le persone».
Il mediatore ha così potuto trovare il proprio spazio e il suo equilibrio interiore: «Mi sono riscoperto e ho capito che quello che i miei genitori mi avevano tramandato era una ricchezza». Anzi, tutto ciò l’aveva come predisposto a decodificare linguaggi diversi, continua Tanveer: «Ho capito che potevo valorizzare la mia differenza, che essa stessa era un valore. In un mondo sempre più competitivo, ho scoperto che la mia differenza è il mio più grande talento».