Di seguito alla presentazione del libro “Afghanistan solo Andata. Storie dei soldati caduti nel paese degli aquiloni” di Gian Micalessin, alle 19.40 sempre nel Padiglione A3 al Caffè Letterario, Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano, ha introdotto l’incontro dedicato al testo “Io non ho paura. La storia di Francesca Pedrazzini” (Ed. San Paolo) di Davide Perillo, direttore di “Tracce”. All’incontro hanno preso parte l’autore e Vincenzo Casella, marito di Francesca.
“Non si può non raccontare fatti che cambiano la vita e che ci mostrano un’umanità più grande da cui possiamo trarre un cammino per noi stessi, rimanendo dentro la novità che portano. Io sono stato colpito dal desiderio di vita che ci può essere in una persona come Francesca”. Così Camillo Fornasieri introduce la testimonianza, portata alla luce dai ricordi di parenti e amici, persone che con lei e attraverso lei sono maturate e hanno toccato con mano il “si” detto da Francesca, spettatori di un miracolo che si stava compiendo nel cuore di una mamma tutta tesa a essere presente e ad amare ogni attimo che le era dato da vivere.
Prende la parola Vincenzo Casella e racconta di sua moglie, dello stupore, del dolore e delle emozioni provate da quel 2010 quando alla donna viene diagnosticato un cancro. “Quell’inizio, quel ‘si’ detto al mistero della vita è solo l’inizio, il primo passo verso il vero ‘si’.– racconta Vincenzo – quello detto nella carne e nel cuore”. È lo stesso sì che Vincenzo rivedrà negli ultimi momenti splendere sul volto raggiante della donna, quando lei dirà lieta “Io non ho paura”, o quando scriverà ad un’amica “io sono in pace perché Gesù mantiene la promessa di renderci felici”.
Questa la certezza che traboccava nello spirito di Francesca. “La gioia di andare in cielo è stata per i nostri figli la più grande educazione che una madre potesse dare – dice Vincenzo – ho avuto il privilegio di vedere mia moglie che stava compiendo il suo destino”.
Non un cammino facile quello da lei percorso, ma pieno di dolore per le cure molto intense e di delusioni per lo svilupparsi delle metastasi. Tuttavia il suo è un cammino di vita sempre teso alla ricerca della bellezza e quindi ricco di esperienze nuove, dai viaggi alle amicizie man mano più profonde e significative come quella con padre Claudio, monaco della Cascinazza, monastero benedettino alle porte di Milano. E poi la presenza paterna di don Julián Carròn, guida spirituale della Fraternità di Comunione e liberazione che le dice “Siamo tutti malati cronici, ma tu hai un’occasione in più per la tua maturazione, non la perdere”. Parole colte nel loro vero significato dalla donna, che l’aiuteranno a rendere sempre più trasparente a sé e agli amici il miracolo della vita come “opera di un Altro”.
Davide Perillo è, come il lettore del libro, un testimone indiretto del fatto. “Sono rimasto ferito, colpito per il modo con cui Francesca aveva vissuto il travaglio della malattia e della morte, ma anche per la letizia incontrata nei volti dei famigliari”. Un’esperienza talmente grande per il giornalista, che ha percepito immediatamente una pienezza di vita inimmaginabile in una situazione del genere. “Perché se lei viveva così libera quella situazione terribile – continua l’autore – voleva dire che quella profondità può esserci sempre, in ogni circostanza della vita”. Dentro l’esperienza di Francesca e dei suoi famigliari l’autore scopre di essere stato riportato alla coscienza del cammino della vita. “Non un miracolo, ma un cammino, un seme che cresce pian piano. La gioia di un Volto e della compagnia che ti porta a Lui”, conclude Perillo.
In questo Meeting di cui il cuore è l’“emergenza uomo”, una testimonianza come quella di Francesca indica cosa risponde veramente al bisogno che ciascuno ha, ovvero, la certezza che dietro le circostanze della vita si manifesti il Volto di Uno che ci ama.
(V.L.)