“La bellezza c’è sempre anche dentro la malattia più tremenda come l’AIDS: ci vuole un amico che ti faccia alzare la testa per vederla” è questo il tema del libro “Gli occhi di Irene” edito da Guerini e associati, presentato oggi al Meeting di Rimini da Rodolfo Casadei, curatore e coautore, e Valentina Frigerio, cooperante AVSI in Uganda.
La valenza culturale e scientifica del testo illustrata dal coordinatore dell’incontro, Arturo Alberti, presidente della fondazione AVSI, è la proposta di un metodo originale di affronto della malattia che deriva da una esperienza di vita capace di rispondere con “successo” alle sfide della realtà. Questo metodo è un percorso educativo che nasce da giudizio per cui non esiste la malattia, ma la persona malata nella sua integralità, che vuole trovare un senso al suo dolore.
Casadei ha spiegato che questa opera nasce come sforzo comune di tre soggetti, l’associazione “Medicina e Persona”, il settimanale “Tempi” e la fondazione AVSI, e affronta la problematica AIDS “come una questione di ragione, perché oggi prevale uno sguardo razionalista sulla malattia anziché uno ragionevole”. Tre in particolare sono le scoperte della malattia vissuta come “rivelazione”: la scoperta della finitezza umana, condizione per un’autentica ricerca dell’infinito; la scoperta della grandezza umana, nella misura in cui l’uomo nella malattia riscopre di avere energia, forza e capacità di cui prima non aveva coscienza (come le persone ammalate di AIDS che diventano a loro volta counselors di altri ammalati); la scoperta dell’amore nell’incontro con altri uomini, che la realtà della malattia fa accadere.
Frigerio ha illustrato la nascita dell’esperienza dell’AVSI attraverso i volti e l’esperienza di persone ammalate di AIDS che ne hanno segnato la storia. In particolare ha raccontato la storia di Irene che dopo aver contratto la malattia partecipa ad un incontro di AVSI in cui si leggeva un libro di Don Giussani e “da quel giorno il suo volto tornò a splendere della sua originale bellezza”, con effetti anche sul marito. Ha spiegato che un grosso problema conseguente a questa malattia sono gli orfani: essi vengono accolti presso le case dei volontari del Meeting Point (persone che si coinvolgono in un’amicizia operativa con gli ammalati di AIDS secondo il metodo di AVSI) o affidati ai parenti in vita che vengono aiutati a crescerli. A tale riguardo l’”adozione a distanza” (contributo deducibile dalle tasse che può essere devoluto ad AVSI in quanto organizzazione non profit) ha reso possibile questa opportunità ridando speranza a persone che altrimenti non avrebbero avuto alcun futuro, come ad esempio il piccolo Bosco. “Con l’aiuto di AVSI è stato scolarizzato ed oggi frequenta la migliore università dell’Uganda; fra pochi anni sarà in grado di mantenere la sua famiglia”.
L’ultimo progetto che sta seguendo AVSI è la somministrazione monitorata e gratuita di farmaci antiretrovirali: attualmente l’unica speranza di sopravvivenza alla malattia: Albert, orfano di entrambi i genitori, che non “poteva essere eleggibile per il trattamento, è vivo grazie all’intervento di AVSI, che si è assunta l’impegno del trasporto, delle spese e della necessità di alloggio e nutrimento del ragazzo”.
I volontari del Meeting Point affrontano le problematiche sociali a partire da un atteggiamento “materno” perché “Dio si commuove delle lacrime delle donne”: Rose Busingye, infermiera e assistente sociale, affronta la problematica dell’Aids in un quartiere malfamato di Kampala recuperando la bellezza dei canti e balli africani ed educando alla appartenenza al clan come argine alla prostituzione femminile, frutto della concezione di libertà della cultura moderna. Così è potuto accadere il miracolo di donne africane, ridotte alla fame e malate di Aids, che hanno donato i loro risparmi per gli sfollati di New Orleans dopo l’uragano Katrina. “Siccome sono state amate, vogliono amare e dare tutto quello che hanno a persone che sono in difficoltà”.
“La passione per l’uomo singolo non è innata: – ha detto Alberti concludendo l’incontro –si impara attraverso un incontro con una esperienza ed è dentro una appartenenza vissuta che questa identità nuova si apre ad abbracciare e cambiare il mondo come possibilità di speranza per tutti”.