INVITO ALLA LETTURA DELLE ORE 15.00

Press Meeting

Cosa tiene accese le stelle?, edito da Mondadori, mette molto bene in luce – ha sottolineato Camillo Fornasieri introducendo alle 15.00 in Eni Caffè letterario D5 l’ultimo libro di Mario Calabresi, direttore de La Stampa – che ciò che l’autore va cercando da tempo, l’ha trovato muovendo dai fatti, in qualcosa che nasce da un desiderio, guardando in questo tempo difficile quali sono i fattori che hanno tenuto insieme generazioni di uomini, padri, madri, nonni”. Calabresi mia appunto a scoprire appunto come sia possibile “tenere accese le stelle”, partendo nel libro da una citazione di Leopardi: “…in tempi gravidi di avvenimenti, non lo sprecate, ora è il tempo in questa generazione, che nasce o muore…”. “Calabresi – ha sottolineato Fornasieri – con questo richiamo mostra di avere un senso della memoria unito a un grande gusto per l’esistenza”.
“Si vede che sei appassionato a questo mestiere – dice a Calabresi Alessandro D’Avenia, insegnante e scrittore – perché sei appassionato alle persone, le sai ascoltare nella loro capacità di de-siderare, davanti a questo spazio di cielo, ma anche a con-siderare. In un certo punto del libro hai il coraggio di dire che ogni epoca ha una sua forma di resistenza, e che quella di questa epoca sia ‘non lamentarsi’. Non è una posizione un po’ buonista”?
“Ho scritto questo libro – ha risposto l’autore – per una sensazione d’urgenza di fronte a questo ripiegarsi del Paese, a questa idea che il primo dovere sia quello di lamentarsi. Ricevo molti messaggi del genere anche da parte di ragazzi di diciassette, diciotto, vent’anni che scrivono ‘ci hanno rubato il futuro’. Ma il futuro è lì, è vostro, ve lo dovere prendere, conquistare”. Mesi fa, racconta il direttore della testata torinese, “sono rimasto colpito da una frase di D’Avenia: ‘bisogna costruire ai giovani una nostalgia di futuro’. Credo che ai ragazzi vada data un po’ di fame, di voglia di costruirsi una vita, d’inseguire i propri desideri”. Questa per Calabresi è una cosa fondamentale da fare in Italia: “Restituire spazio al desiderio. Il problema è avere qualcuno, classe politica, insegnanti, che sappia alzare lo sguardo, che insegni a guardare verso un orizzonte a lungo periodo”.
Ė quindi seguita la presentazione di “Emilia e i suoi ragazzi. L’opera civile della fede” (ed. Lindau) di Emanuele Boffi, con l’intervento anche del direttore di In-presa Stefano Giorgi. Un libro corale, ha sottolineato l’autore, per raccontare “In-presa”, opera educativa di carattere sociale che venne creata a Carate Brianza da Emilia Vergani (definita “una madre, un’assistente sociale, un’operaia della carità”), per assistere ragazzi drop-out, ai margini della società. “Il libro ruota intorno a racconti di persone entrate in questa storia che hanno percepito quale possibilità potesse rappresentare per sé”. In-presa, ha continuato l’autore, si è sviluppata grazie al contributo di insegnanti e imprenditori, “con l’intuizione che la fede potesse diventare un metodo adeguato per occuparsi di ogni aspetto della vita, come uno sguardo globale sull’umano”.

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