Tocca ad Arturo Alberti, presidente dell’Avsi, il compito di aprire l’incontro di presentazione del libro, il sesto della collana “Tascabili Avsi”. Alberti spiega che esso non vuole essere esaustivo di tutte le guerre ora in corso, ma soltanto dare uno strumento di dialogo e di confronto. Per questo nel testo, ad una parte più informativa sulle varie situazioni segue una parte di testimonianze che parla della speranza e della positività in situazioni di quel genere.
Rodolfo Casadei, giornalista, si ricollega alle parole di Alberti ed inizia il suo intervento specificando che mai si potrà fornire spiegazione esauriente delle guerre africane, poiché la violenza è male e “c’è un livello del male che affonda le sue radici nel mistero”. Allo stesso modo “c’è un livello del discorso riguardante la cessazione delle guerre africane che attiene anch’esso al mistero e va sotto il nome di miracolo”. Questi conflitti hanno cause generali, storiche, di lunga durata, ben lontane dai soliti riduttivi e ridicoli clichés che riconducono le cause delle guerre al tribalismo africano o, all’opposto, alle interferenze degli interessi esterni neo-coloniali. Sono queste spiegazioni, ultimamente razziste, che considerano gli africani come degli esseri infantili che hanno bisogno del colonialismo oppure che i bianchi diventino “buoni”. Fatte queste precisazioni Casadei inizia una carrellata delle cause generalissime e di lunga durata della conflittualità africana che nel libro (curato dallo stesso Casadei e da Martino Chieffo) vengono trattate: i fattori economici e produttivi (le caratteristiche dell’economia africana), la composizione della popolazione (in particolare le classi di età), la polarizzazione fra i gruppi di popolazione dediti all’agricoltura, opposti alle tribù nomadi e dedite alla pastorizia. Il giornalista spiega, inoltre, che siamo di fronte alla crisi dello stato africano moderno, di origine post-coloniale, eccessivamente clientelare e ormai schiacciato dalla sua multietnicità. L’Africa ha assoluto bisogno di tornare ad essere al centro dell’attenzione internazionale, al centro della geopolitica degli studiosi, perché è necessario difendere i progetti di aiuto, che impiegano anni di lavoro per crescere e possono essere distrutti in pochissimo tempo dall’ultimo predone con i suoi bambini-soldato. Ultima osservazione: di fronte al genocidio non si possono chiudere gli occhi e questa è la legittimazione dell’azione umanitaria, assolutamente più importante di tutte le polemiche che spesso seguono le azioni umanitarie stesse.
Un interessante “fuori programma” conclude l’incontro: il giovane della Sierra Leone Ernest Sesay racconta alla platea la sua vita in Africa: parla dell’assenza della Comunità Internazionale, delle molte guerre, delle razzie dei predoni liberiani, dei bambini soldato. Dentro questo ambiente Avsi, con la sua scuola, ha ridato speranza a molti e lui stesso sostiene che l’unica speranza per loro sia quella “di educare le nuove generazioni”.
Rimane a questo punto il tempo solo per il saluto conclusivo di Mario Baccini, Sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri, rimasto in sala dopo esser stato lui stesso protagonista di un altro incontro, prima che il dibattito termini.
E. M.
Rimini, 24 agosto 2004