Le due proposte della serata (a partire dalle 19.00 nella sala Eni Caffè letterario) sono il volume di Massimo Borghesi “Augusto Del Noce. La legittimazione critica del moderno” (ed. Marietti 1820) e, a seguire, il libro di Valerio Lessi “Don Oreste Benzi. Parroco, cioè padre” (ed. Paoline).
“Sono qui per due fortune – ha segnalato il giornalista Alessandro Banfi intervenendo sul libro dedicato a Del Noce – per i rapporti di mio padre con Augusto Del Noce e perché l’ho potuto conoscere quando ho lavorato come giovane cronista a ‘Il Sabato’. Il libro di Borghesi è importantissimo – ha aggiunto – perché colma un vuoto nella cultura italiana”. Da giornalista, Banfi ha quindi sottolineato l’importanza di tre “notizie” presenti nel volume: Del Noce emerge nel dibattito italiano perché Giuseppe Dossetti, che già aveva fatto la scelta religiosa, lo chiama nei salotti buoni della cultura italiana mettendolo in contatto con Il Mulino. Seconda notizia, De Felice è debitore a Del Noce per il titolo ‘Mussolini il rivoluzionario’ (primo volume della sua monumentale biografia sul Duce). Terza notizia, il filosofo torinese si era opposto al progetto dei promotori del referendum sul divorzio del 1974. Banfi ha anche sottolineato la persistente attualità della battaglia contro il “neopelagianesimo” fatta con Del Noce dalle colonne del “Sabato”.
“Non avrei scritto questo libro – ha esordito l’autore Massimo Borghesi, ordinario di Filosofia morale all’Università di Perugia – se la richiesta fosse venuta da una casa editrice di destra. Proprio perché, contrariamente a un’etichetta interessata, appioppatagli per delegittimarlo, Del Noce non è affatto un tradizionalista o un reazionario. Come segnala il sottotitolo del volume, Del Noce legittima la modernità, sia pure in una chiave critica: valorizzandone gli aspetti positivi, distinguendoli da quelli negativi”. Aldo Capitini e Jacques Maritain, ha continuato Borghesi, stanno all’origine della formazione di Del Noce: per lui cristianesimo, libertà, antifascismo e democrazia stanno insieme: “Cristianesimo e libertà sono solidali, così come ateismo e totalitarismo”. C’è quindi un poderoso sforzo di ridefinizione storiografica realizzato dal filosofo cattolico: “Non è vero, come dicono i tomisti, che tutto il pensiero moderno è segnato dall’ateismo: esiste infatti una linea franco-italiana, la linea Cartesio-Pascal-Malebranche-Rosmini, contrassegnata dall’apertura religiosa”. Borghesi ha ricordato anche le riflessioni di Del Noce sul marxismo e sul suo declino, sulla secolarizzazione, e sulla “società tecnocratica e opulenta”. Il suo è un pensiero storico, non astratto: “La fede deve dar prova di comprendere il movimento della storia”.
Il primo ad intervenire sul libro dedicato a don Oreste Benzi è stato l’autore Valerio Lessi. “Le circostanze della vita e professionali – ha iniziato Lessi – mi hanno portato diverse volte a contatto con don Oreste e questo è il quarto libro che scrivo su di lui”. Al centro dell’attenzione, questa volta, il don Oreste parroco: il sacerdote è stato infatti per 32 anni parroco della riminese parrocchia della Risurrezione. L’anno decisivo, segnala Lessi, è stato il 1968: “In quest’anno inizia il cammino che porterà alla costituzione dell’Opera Papa Giovanni XXIII ed anche quello per farsi assegnare, insieme ad altri preti, una nuova parrocchia”. Dal libro, che si avvale di tante testimonianze dei parrocchiani, “emerge un sacerdote lieto di essere prete, un padre che si fa carico di tutti i bisogni dei suoi figli: dalla chiesa all’asilo, dai viaggi a Roma per accelerare le pratiche della pensione, alla visita ai parrocchiani in ospedale, persino a Parigi”. Lessi sottolinea che, a suo giudizio, l’origine del carisma di don Oreste è educativa.
È intervenuto quindi don Elio Piccari, compagno, fin dall’inizio, dell’esperienza parrocchiale di don Oreste: “Don Oreste è innanzi tutto un innamorato di Gesù, che intuisce l’importanza, per il formarsi di un popolo, di una comunità sacerdotale. Se è innamorato di Cristo, don Oreste è anche innamorato dell’uomo. Un parroco è un babbo – ha continuato don Piccari – ma un babbo fa tutto per i figli”. Don Elio ha sottolineato anche un altro aspetto del metodo di don Oreste: “la pastorale non si fa a tavolino, ma a contatto con la gente”.
Paolo Ramonda, responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha esordito collegandosi al tema del Meeting 2011: “Per tutti noi che abbiamo incontrato don Oreste, l’esistenza è diventata una immensa certezza”; poi ha sottolineato l’apertura “ai poveri, agli ultimi, ai ragazzi ghettizzati negli istituti” che ha caratterizzato l’azione di don Benzi. “Il suo – ha proseguito – è un grande carisma educativo, in dialogo continuo con la storia. Anche come parroco, è stato forgiato dai poveri”. Il responsabile della Papa Giovanni ha ricordato la presenza della comunità “in migliaia di parrocchie in tutto il mondo. La comunità è una parrocchia nel mondo: 41mila persone mangiano alle nostre mense”.