Le imprese straniere in Italia sono 14mila, di cui diecimila nel settore dei servizi. Occupano il 7,6 per cento della nostra manodopera e producono 500 miliardi di fatturato. A volte si sospetta che con l’arrivo di imprese estere si importino anche culture imprenditoriali e di lavoro diverse da nostri modi di vedere, tuttavia la loro importanza per la nostra economia e i livelli occupazionali è talmente evidente – ancor più in tempi come questi di delocalizzazione all’estero di imprese italiane – che è necessario attrarle per nuovi investimenti e sviluppo di attività nel nostro paese.
Con queste premesse Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere ha aperto alle ore 15.00 in sala A3 il contributo di esponenti di grandi multinazionali sugli argomenti del titolo dell’incontro, chiedendo loro anche di individuare nell’attuale momento di particolare crisi economica le ragioni di convenienza o le condizioni necessarie che possano oggi indurre imprese estere ad investire in Italia.
Francesco Golla, amministratore delegato di Siemens spa, non vede grandi differenze culturali di base nelle imprese estere che decidono di investire in Italia. “Nonostante il rallentamento della crescita economica – meno dell’uno per cento annuo negli ultimi vent’anni, rispetto alle medie del 4 per cento tra il 1952 e il 1991 – l’Italia rimane ancora tra le prime dieci economie del mondo”. Golla ha auspicato che i risparmi derivanti dalla manovra economica del governo vadano a sostenere l’imprenditoria ed ha indicato la decisione di Siemens di fondare un grande centro di ricerca tecnologica a Genova come prova di fiducia di una grande multinazionale nelle possibilità dello sviluppo industriale in Italia.
Anche per Leo Wencel, presidente di Nestlè italiana, il nostro paese – dove la grande multinazionale è arrivata nel 1930 arrivando a contare oggi cinquemila dipendenti – è di importanza fondamentale non solo localmente ma per tutta l’Europa per l’eccellenza di prodotti alimentari e della tradizione culinaria. “Anche noi, come segno della volontà del nostro gruppo di proseguire negli investimenti in Italia – ha affermato facendo seguito a Golla – abbiamo stabilito di attivare a Sansepolcro di un centro di ricerca per la produzione di prodotti tipici della cucina italiana”. Per il manager della multinazionale svizzera, comunque, l’arrivo di nuove imprese dall’estero non rappresenta una mortificazione dell’imprenditoria italiana, anzi può compensare fenomeni di delocalizzazione all’estero di nostre aziende.
Luigi Gubitosi, a lungo manager di Fiat, si è soffermato invece sulle condizioni che a suo avviso possono maggiormente richiamare imprese estere a casa nostra. In particolare ha elencato – oltre alla necessità di sviluppare le infrastrutture, l’università e la ricerca – anche l’importanza di abbreviare gli attuali tempi lunghi della giustizia. “Occorre la certezza del diritto. Non si possono cambiare le regole in corsa, soprattutto nel sistema tributario, altrimenti gli industriali stranieri si orienteranno verso paesi nei quali sanno di poter contare su una maggiore affidabilità di programmazione degli investimenti”.
La voce della politica si è fatta sentire con Andrea Gibelli, assessore alle Attività produttive della Regione Lombardia. Gibelli ha riferito gli esiti dell’esperienza regionale lombarda, particolarmente rivolta a valorizzare le interrelazioni tra impresa, lavoro e territorio anche nel rapporto con importanti imprese estere interessate a localizzarsi sul territorio lombardo. “Non è più il tempo della multinazionale a sistema piramidale – ha spiegato – che tende a colonizzare l’ambito territoriale prescelto ma conservando all’estero la governance imprenditoriale”. Oggi invece si deve insistere per ottenere sistemi di rete che coinvolgano anche le imprese locali nel processo produttivo, impiegandone le peculiarità tecnologiche esistenti e la specializzazione delle maestranze. In Lombardia significativa è stata l’esperienza dei distretti industriali, “che assicurano eccellenza di produzioni, ma anche equilibrio occupazionale e territoriale. Un altro modo di fare impresa – ha concluso l’assessore – che va assecondato con una oculata distribuzione di risorse finanziarie pubbliche, da concentrare soprattutto laddove già oggi si vede l’esistenza di un’economia sana e virtuosa”.