L’imprenditorialità va promossa e valorizzata come scelta professionale in generale, senza necessità di quote di riserva femminili. Tenacia, fiducia nella riuscita e lavoro di squadra sono invece le condizioni di successo, per ogni imprenditore. Vanno superati i più diffusi schematismi, pur senza rinnegare la particolarità proprie della esperienza femminile.
Daniela Patuzzi, intervenuta per l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, ha fornito alcuni dati ricavati dall’attività di sostegno per la formazione di micro imprese di lavoro autonomo nelle cosiddette zone deboli, nell’ambito del programma per l’autoimpiego in attuazione del Decreto Legislativo n. 185/2000..
Ha tra l’altro sottolineato come le domande di donne interessate ad avviare imprese nel 1997 rappresentassero il 28% . Oggi sono il 45%, segno di una maggiore informazione circa le possibilità di ottenere servizi di sostegno, finanziario e amministrativo, per la fase di primo impianto, oltre che di una maggiore fiducia nella praticabilità di un scelta di professionalità femminile.
La conciliazione dell’attività imprenditoriale con le tipiche condizioni della maternità e della vita familiare trova invece, per ora, solo risposte autonome all’interno delle singole realtà aziendali.
“La vocazione imprenditoriale comporta sacrificio, ma senza sacrificio non cè gusto nella vita”, ha detto Cristiana Tadei, madre e responsabile di un’impresa di 500 dipendenti fondata dal padre. La concezione del lavoro fondata su una fede vissuta – ha poi sottolineato raccontando la sua attuale esperienza – aiuta l’imprenditore a porre ogni persona al centro della vita dell’azienda, con conseguenze significative di condivisione della vita aziendale da parte degli stessi dipendenti. “Si riesce così anche a dare risposta a esigenze peculiari, come l’allestimento di un asilo nido interno allo stabiimento o dando facoltà alle dipendenti di lavorare part time fino all’età di tre anni del proprio figlio”.
Analoghe esperienze e iniziative in tal senso sono state riferite come già in atto nelle sue imprese da Maria Criscuolo, imprenditore “di prima generazione”, alla guida del gruppo Triumph, dedito all’organizzazione di eventi di grande richiamo e di rilevanza anche mondiale (eventi che procurano attualmente notevole indotto all’economia delle aree prescelte per il loro svolgimento).
La Criscuolo non accetta l’abitudine di considerare la donna in posizione di svantaggio nell’avvio e conduzione di un’impresa. “Esiste l’imprenditore, uomo o donna che sia, e basta”. E ancora: “Anche le donne dovrebbero imparare a fare impresa, orientandosi al lavoro di squadra e non solo facendo affidamento sulle proprie doti. Questo non sempre è loro abituale, ma è essenziale per lo sviluppo dell’azienda, dopo la fase di avviamento caratterizzata dalla prevalente inventiva personale”.
M.B.
Rimini, 23 agosto 2007