Rimini, 23 agosto – Leopardi protagonista, attraverso i suoi versi più celebrati, il 23 agosto alle 19 in Sala Neri UnipolSai. Un progetto a cura di Centro di Poesia Contemporanea Unibo e Fondazione Claudi, in collaborazione con Infinito 200 UNA POESIA. Sono intervenuti Davide Rondoni, poeta e scrittore, e il violinista Michele Torresetti.
“‘Perché una creatura finita desidera l’infinito?’ fu chiesto il 18 marzo scorso da una studentessa musulmana del corso di italianistica dell’Università del Cairo, dove eravamo andati io e Davide Rondoni per presentare il progetto ‘Infinito 200’“, ha ricordato nella sua introduzione Massimo Ciambotti, prorettore dell’Università degli Studi “Carlo Bo” di Urbino e presidente della Fondazione Claudi. “Sapere cosa sia, di cosa sia fatto l’uomo – ha aggiunto – non può oggi essere dato per scontato. Dovrebbe essere il primo spunto di lavoro culturale, educativo, in quella maniera precisa e potente che fa scrivere a Leopardi nel “Canto notturno” come ci sia una sproporzione dei fattori che compongono la natura umana. La Fondazione Claudi vuole rispondere a questa sfida umana e culturale. Ci siamo mossi a partire dalla domanda su quanto sia importante la poesia di Leopardi oggi. Singolare che questo confronto sia avvenuto al Cairo, quasi come tra due diverse culture riunite nel segno dell’infinito, che è nel cuore di ogni uomo”.
Rondoni legge e commenta, si direbbe quasi parola per parola, frase per frase, “L’infinito”. Versi, sottolinea, che tutti conosciamo e non conosciamo. Naturale quindi voler ridare loro attenzione nel bicentenario della sua composizione Una poesia che misteriosamente parla a tutti, perché tutti riguarda. ‘Dove prova piacere l’anima aborre che sia finito’, scriveva l’autore nello Zibaldone. 2Il problema dell’infinito – spiega Rondoni – è che esso sorge nel vivo dell’esperienza del piacere e del dispiacere. Non è un problema di pensiero, ma che ha a che fare con il germinare iniziale di un’esperienza, significa fare i contri con questo elemento germinale essenziale”.
“O la nostra identità è legata all’infinito, oppure è legata al potere”, scriveva don Luigi Giussani. “Quel potere – aggiunge Rondoni – che è legarsi ad una convenienza, che fa schiavi. Se l’identità è quello che pensi, quello che fai, tra te e la tua azione non c’è più margine. Se la persona viene fatta coincidere con l’atto, è una falsa liberazione. Ascoltando i versi de “L’infinito”, si sente che la gente ‘respira’. È una liberazione sapere che si è fatti d’infinito. “Noi culliamo il nostro infinito sul mari finiti”, scriveva Baudelaire, e Ungaretti aggiungeva “la poesia è il mistero che di pari passo la misura”. Il finito – dice ancora Rondoni – come nella prospettiva rinascimentale sta in un punto di fuga della realtà. Ma l’infinito è ciò che sente la realtà vera. E Leopardi ce lo mostra in questa poesia meravigliosa, in un segno che riguarda lo spazio, il tempo, come l’esperienza che deve sovvenire, che non è l’informe, il caotico che vediamo in giro, che è deserto, è vuoto, che non genera nulla”.
(M.T.)