Rimini, 23 agosto 2017 – È stato l’incontro “Rapporto con il testo: ospitare l’altro” (ore 19:00, Sala Poste Italiane A4) a chiudere la giornata dedicata dal Meeting 2017 alla scuola italiana. Dibattiti e discussioni destinati a chi «vuole fare scuole e essere scuola», come ha ricordato Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, introducendo i relatori dell’incontro: un insegnante, un traduttore e un poeta. Tre protagonisti del rapporto con il testo, del suo ruolo essenziale in ogni percorso educativo. Affrontato da angolazioni e punti di vista differenti, ma legati da una grande e unico denominatore comune, indicato con chiarezza dalla Guarnieri: «Ogni testo richiede un gesto di ospitalità, è l’incontro con l’altro», vive dell’accoglienza di una diversità e di una differenza.
E dalle parole, dal loro etimo e significato si è mossa la riflessione di Raffaela Paggi, preside della scuola secondaria di primo grado della Fondazione Sacro Cuore di Milano: «Testo deriva dal latino “textum”, significa “tessuto” e non è casuale che un poeta come Luigi Capello avvicini la sua scrittura al lavoro dell’artigiano che intreccia un cesto. Cambia una vocale, ma “testo” e “cesto” sono parole che ci avvicinano alla trama, all’ordito di quanto leggiamo». Il confine è sottile e, tornando alla lingua latina, la Paggi evidenzia come il testo sia di fatto “hospes”, ospite del lettore, ben al di là e in modo più profondo di ogni analisi semiotica o strutturale di linguaggio e narrazione. Per questo, alla scuola del Sacro Cuore obiettivo della lettura è ridestare il soggetto, il ragazzo che legge, cercare di aprirlo con rispetto a questo nuovo incontro, e si utilizza una didattica della lettura, fatta di drammatizzazione, analisi e lettura a voce alta dei testi.
Mentre è il professore universitario e traduttore Stefano Arduini, presidente della Fondazione Unicampus San Pellegrino, a inserire nel dibattitto due nuovi elementi. L’importanza di testi e traduzioni, delle diverse lingue, in una società multiculturale e multilinguistica è il rischio insito in questa operazione. Tornando al latino, cambia una sola consonante e “hospes” diventa “hostes”: nemico.
Arduini ricorda il filosofo francese Paul Ricoeur: «Tradurre significa “accogliere il genio straniero”, dire che la tua lingua è importante come la mia». E, per spiegare, come la traduzione possa essere elemento in grado di arricchire un testo, cita gli esempi delle opere di Aristotele, arrivate in Europa grazie alle traduzioni arabe o l’importanza del greco antico per i Vangeli. «Quando traduci ti confronti con una differenza, un’estraneità, ma scopri che l’altro è una risorsa; se non ci fosse, tu non potresti tradurre. Questo gesto ti espone a un rischio, entri in un territorio sconosciuto, vai dove sono i Fenici. Sospendi i pregiudizi e incontri l’altro in quanto altro».
Radicale, intensa, provocante e in grado di mettere in discussione certezze e punti vista consolidati, la posizione espressa dal poeta Davide Rondoni: «Da anni parliamo di emergenza educativa e non facciamo nulla. Emergenza educativa per Charles Péguy era emergenza e crisi di una civiltà. L’educazione è un problema di metodo e lo stiamo sbagliando. Se i ragazzi, e non sono dei fessi, si annoiano davanti a un genio come Manzoni, il problema è della scuola, degli insegnanti, non dei giovani. I ragazzi di testi ne trovano a migliaia, se no scoprono l’amore con Dante e Leopardi lo faranno in Tv guardando “Amici”». La risposta per Rondoni non può che essere radicale, all’altezza di ciò che abbiamo di fronte: «Educare, avvicinare ai testi, è un rischio a cui non possiamo sfuggire. Come diceva don Giussani, è l’abisso della diversità dell’altro. Nel mio libro “Contro la letteratura” faccio una proposta semplice. Smettiamo di insegnarla. Facciamo solo storia della letteratura. All’incontro con il testo un ragazzo deve essere accompagnato da un educatore, non da un semplice insegnante».
(C.B.)