Il ruolo dei partiti nella democrazia oggi. Incontro con i protagonisti della politica italiana

Redazione Web

“Finalmente un vero momento di dialogo”

Soddisfazione dei leader politici per l’incontro di stamattina. Gettate le basi per la ripresa

Rimini, 24 agosto agosto 2021 – Su una cosa hanno convenuto tutti. Quello di stamattina è stato «un momento unico di dialogo fra le forze politiche del nostro Paese» (definizione di Enrico Letta, sottoscritta dagli altri), come non se ne vedeva da tempo. E al di là di qualche inevitabile distinguo polemico, l’incontro ha fatto registrare la disponibilità ad un lavoro comune per i mesi che verranno. “Il ruolo dei partiti nella democrazia oggi. Incontro con i protagonisti della politica italiana” è il titolo della tavola rotonda realizzata in collaborazione con l’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà e con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Illumia, Tracce e che si è svolta nell’Auditorium Intesa Sanpaolo D1. Erano presenti Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle; Enrico Letta, segretario nazionale del Partito Democratico; Maurizio Lupi, presidente dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà; Giorgia Meloni, presidente nazionale di Fratelli d’Italia; Ettore Rosato, presidente nazionale di Italia Viva; Matteo Salvini, segretario federale della Lega; Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia. L’incontro è stato introdotto da Giorgio Vittadini, presidente Fondazione per la Sussidiarietà, e moderato da Michele Brambilla, direttore di QN – Quotidiano Nazionale.

Vittadini ha esordito affermando che la democrazia conosce oggi due motivi di crisi. Il primo ha un carattere internazionale, ed è legato alle vicende dell’Afghanistan, «dove, dopo 20 anni, abbiamo scoperto che una certa esportazione della democrazia e dei valori occidentali è fallimentare». Una “democrazia esportata” che non ha incontrato la gente, tant’è che chi è rimasto non è capace di difenderla. «C’è stata anche una crisi dei parlamenti», ha aggiunto Vittadini, «pensate a quello che è successo negli Stati Uniti dopo l’elezione di Biden o a tanti parlamenti nazionali non più rappresentativi o privati delle loro funzioni».

C’è poi un aspetto interno della crisi. Il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà ha riferito di una ricerca Ipsos, secondo la quale il 56,2% degli italiani è deluso dalla democrazia. «È la conseguenza del distacco della politica dalle persone, dai corpi intermedi», ha spiegato. «I partiti sono da tempo privi di rapporti con le associazioni, i movimenti, le parrocchie, le organizzazioni di volontariato. Certo i corpi intermedi non debbono essere portatori di interessi corporativi, ma il nesso con loro va ricostituito».

Il primo giro di interventi ha riguardato ovviamente l’Afghanistan. Tutti d’accordo sulla necessità di spostare oltre il 31 agosto i termini per l’evacuazione dal Paese e sull’apertura di corridoi verso i Paesi circostanti. Sintonia anche sulla necessità di interessarsi non solo degli afghani in fuga ma anche dei milioni di persone che rimarranno nelle loro case. Letta ha ricordato che per i profughi l’Italia rimarrà un Paese accogliente e solidale. Conte ha insistito sulla necessità di mantenere aperto un dialogo che non sarà un riconoscimento: «Occidente compatto e dialogo per proteggere chi resta». Lupi ha parlato dei 12 milioni di giovani afghani (40% donne) che oggi vanno a scuola, contro il milione di soli ragazzi di venti anni fa, e si è chiesto come continuare a favorire questo processo. Sul dialogo, porte chiuse da parte di Salvini, che non parla «con chi, in uno Stato, fa prevalere il fanatismo sulla legge. E poi», si è chiesto il leader della Lega, «di quale dialogo può essere capace un Occidente che ha perduto la sua identità?». Il fallimento in Afghanistan, per Rosato, ci costerà caro ed è la conseguenza anche di uno scollamento fra Europa e Stati Uniti: «Siamo stati alleati leali e ne abbiamo pagato il prezzo», ha detto il presidente di Italia Viva, «ma siamo stati tenuti fuori dai processi decisionali». La Meloni ha spostato il discorso a livello internazionale, mettendo in guardia contro l’attivismo cinese in quell’area asiatica e ricordando che un Paese come il Pakistan, dotato di armi atomiche, potrebbe finire sotto il controllo dei talebani. Per la leader di Fratelli d’Italia, «l’Europa si è rivelata un nano politico e un gigante burocratico». Anche per Tajani l’Europa deve recuperare autonomia nei confronti degli Stati Uniti nei campi della Difesa e degli Esteri. Quanto ai talebani, «i nostri soldati ci hanno sempre detto che sono inaffidabili e tradiscono la sera la parola data al mattino, quindi nessuna possibilità di dialogo».

Posizioni convergenti anche sulla seconda domanda posta da Brambilla, e cioè l’utilità dei partiti. Per tutti, i partiti sono «uno strumento indispensabile per la democrazia» ma il sistema ha bisogno di forti correzioni di rotta. Fra tutte la reintroduzione della preferenza nella legge elettorale e la necessità che gli eletti rispettino il mandato assegnato. «L’eletto risponde agli elettori», ha chiosato la Meloni, «il nominato, al capo del partito». A questo riguardo, Letta ha fatto notare che dall’inizio della legislatura ben duecento parlamentari hanno cambiato casacca. Il segretario del Pd ha criticato «l’eccessivo maschilismo dei partiti italiani» e ha parlato, per l’Italia, di una democrazia malata, che ha visto in tre anni succedersi tre governi con altrettante maggioranze diverse. Conte ha descritto la nuova identità del M5S, che si caratterizza per la volontà «di mantenere alta l’etica pubblica, per la transizione ecologica e digitale, per la giustizia sociale e la sussidiarietà, per l’opposizione agli oligopoli». Per Lupi, «i partiti sono in crisi perché non rappresentano più legittimi interessi di parte, finalizzati al bene comune; ma senza partiti le persone, i corpi intermedi non avrebbero più nessuno a cui rivolgersi per le loro necessità. Lo scopo dell’agire del politico», ha aggiunto il presidente dell’Intergruppo, «non è il consenso ma la passione per le persone del luogo in cui vivi, che hai a fianco e delle quali devi difendere la libertà». Meloni ha sostenuto la necessità, per un partito, di avere una identità forte da cui partire per le sue proposte e i suoi progetti. «Senza una visione ideale», ha detto, «il partito ha come unico obiettivo la propria sopravvivenza». Della stessa idea Rosato («il partito come strumento e non come fine»), per il quale i giovani vanno formati all’impegno politico, come facevano una volta i partiti storici, «mentre oggi non si trovano neanche candidati ai consigli comunali». Quanto all’incontro con la gente diversi esponenti politici hanno rigettato l’idea della politica virtuale, fatta con le piattaforme e gli incontri on line. Per la Meloni «non si fa politica tramite lo schermo di un pc» e Salvini ha difeso le strette di mano e le sedi di partito aperte nei quartieri delle città. Il leader della Lega non ha perso l’occasione per criticare i comportamenti di una parte della magistratura, ricordando le 500mila firme per il referendum raccolte insieme ai radicali.  Anche Tajani ha ribadito la necessità di valori alla base dell’impegno politico, indicandone quattro per il suo partito: garantismo, cristianesimo, liberalismo, europeismo. «Per questi valori», ha detto, «noi siamo contro uno stato accentratore e vessatorio verso cittadini ed imprese. Vessatorio come il ministro Orlando che pensa di evitare la delocalizzazione delle aziende punendo gli imprenditori, invece che promuovere politiche a sostegno delle imprese».

Non potevano mancare giudizi sul Reddito di cittadinanza, visto dal centro-destra come fumo negli occhi. Per Salvini «crea lavoro nero e disoccupazione». La Meloni lo considera «devastante sul piano educativo». Tajani afferma che «mortifica i giovani, soprattutto quelli del Sud». Di tutt’altro avviso Giuseppe Conte, che ha difeso il Reddito, «indispensabile per l’inclusione sociale e per aiutare i poveri», ma ha riconosciuto che si tratta di un «provvedimento da affinare per evitare abusi».

Infine, il “che fare” dopo la pandemia. Telegrafico Letta: un Patto, come fece Ciampi nel ’93, su lavoro, sociale, economia; metodo Meeting (green pass e vaccinazioni) per tutto il Paese; Draghi premier fino all’aprile del ’23. Per Conte sarà prioritario il sostegno alle piccole e medie imprese, con l’abolizione dell’Irap ma con ritocchi al rialzo dell’Ires; bisognerà rivedere lo statuto dei lavoratori per proteggere autonomi e precari; occorrerà rilanciare la possibilità del salvataggio delle imprese da parte degli stessi dipendenti. Lupi ha rilanciato la formazione, la ricerca e la libertà di educazione, mettendo sullo stesso piano scuola statale e paritaria. Il presidente dell’Intergruppo ha ricordato i risultati raggiunti dall’intesa fra i partiti sulle politiche in favore della famiglia. Quanto alle imprese, ha chiesto la fine delle nazionalizzazioni e proposto che i finanziamenti siano dei moltiplicatori di ricchezza e non devoluzioni a fondo perduto. Secondo Rosato, l’agenda post Covid è stata già scritta ed è il PNRR. «Il nostro compito», ha aggiunto, «è di rispettare le scadenze con puntualità, creando connessioni con la società civile ed evitando le divisioni strumentali fra di noi. I punti di condivisione sono molti e possono vederci impegnati insieme».

Secondo la Meloni, non ci sarà ripresa post Covid «senza un vero ritorno alla democrazia normale con all’orizzonte una riforma dello Stato in senso presidenziale». Secondo punto, «uno Stato alleato di cittadini, imprese, corpi intermedi, che dia valore alla libertà». Terza questione: l’educazione «sempre più lontana dalle preoccupazioni dell’Europa». Salvini ha puntato il dito contro la denatalità e ha detto che non vuole un Paese digitalizzato ma senza figli: «L’anno scorso sono nati 404 mila bambini mentre i decessi sono stati 740 mila. Il mio impegno sarà per la difesa della vita, dall’inizio alla fine», ha promesso. «Saremo accanto a chi fa nascere i bambini, come i Centri di aiuto alla vita». L’altro fronte sarà quello della lotta «a tutte le droghe, senza distinzioni di sorta».

Per Tajani lavoro e salute sono le condizioni per la ripartenza dell’Italia. «Le tasse alle aziende vanno abbassate», ha fatto eco a Conte, «ma non sostituite con l’aumento di altre imposte».

Al termine dell’incontro Vittadini ha tirato le fila ricordando che il dialogo «è con le ferite del nostro tempo, con la realtà. I corpi intermedi nascono quando delle persone, degli “io”, si mettono insieme per affrontare le loro ferite e costruire». In questa visione, il politico «è quello che va in giro e ascolta la gente, ci sta fisicamente a contatto fino a conoscerne l’odore. È da lì che deve partire. Il Parlamento non è il luogo del “magna magna”, ma è il posto dove si lavora nelle commissioni per fare le leggi che risolvono i problemi del vivere quotidiano delle aziende e delle singole persone. I luoghi dove si discute francamente, come si è fatto oggi al Meeting, dove si media e si decide per il bene di tutti».

(D.B.-M.B.)

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