Lo stupore dell’incontro con persone che lottano per la costruzione di un mondo nuovo è il motivo dell’incontro svoltosi questo pomeriggio in sala A3. Ai lavori hanno partecipato Mario Molteni, docente di Economia Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Marcos Zerbini, del Movimento Favelados di san Paolo del Brasile; Cleuza Ramos, Presidente Landless Workers of Sao Paulo Association; Roberto Moussalem De Andrade, Ministro dello Sviluppo Urbano dello Stato di Bahia, Brasile; Vincenzo Petrone, Ambasciatore d’Italia in Brasile; Mirko Tremaglia, Ministro per gli Italiani nel mondo.
L’incontro di oggi, ha introdotto Molteni, vuole raccontare l’esperienza che sta vivendo il Brasile sotto due aspetti particolari: quella vissuta dai creatori di questo movimento umano e quella vissuta dai politici che ne hanno appoggiato e sostenuto l’operato.
La storia del movimento di lotta per la casa ha inizio nel 1980, ha esordito Zerbini: ben presto ha visto la partecipazione di moltissime persone incontrate soprattutto presso le parrocchie della città di San Paolo. Gli incontri erano frequenti e si facevano soprattutto per discutere delle strategie da seguire per ottenere appunto una casa. Dopo diversi tentativi senza risultati efficaci, decidemmo di cominciare a negoziare direttamente con i proprietari dei terreni, così che ben presto i primi risultati furono visibili. Fatto il primo passo, l’attenzione si spostò sulle opere di urbanizzazione primaria (strade, fogne), e ad oggi tutti i quartieri interessati alle lottizzazioni sono dotati di tutte le attrezzature necessarie a renderli vivibili. Oltre all’esigenza della casa nasceva in molti di noi quella di creare una comunità, compito questo estremamente complicato: ma non ha vinto la paura, bensì la coscienza che la vera rivoluzione per tutte le persone è quella capace di garantire il rispetto umano.
Il ruolo del movimento, ha detto Ramos, è quello di aiutare le persone povere e sfiduciate. Con la nostra azione di lotta abbiamo costruito nei nostri quartieri tre scuole e grazie all’aiuto dei privati molte persone si occupano di sanità. Abbiamo ancora bisogno di un asilo nido, perché le donne che lavorano non hanno dove lasciare i propri figli. Ci stavamo preoccupando di come far continuare gli studi ai nostri ragazzi, e per questo abbiamo ottenuto convenzioni particolari con l’Università pagando una piccola somma al mese. La nostra lotta è grande, ha concluso Ramos, ma qui al Meeting ho trovato cose che possono sostenere me ed il mio popolo.
L’esperienza che stiamo vivendo nel nostro paese è importante perché assolutamente innovativa, ha esordito De Andrade: perché vede coinvolti tutti, e noi siamo grati al Governo e al popolo italiano per l’apporto che stanno dando. La popolazione della città di Bahia è passata da quarantamila a 2,5 milioni di abitanti. Questo aumento demografico ha causato una costante invivibilità della città, e così attraverso la collaborazione tra i vari soggetti che hanno sostenuto diversi progetti si sono verificati importanti risultati. La cosa più interessante è stato il fatto che gli stessi abitanti hanno cominciato a costruirsi le case sotto l’occhio vigile di alcuni enti promotori dell’opera. Sono state portate alla luce le vere potenzialità delle favelas. Questo tipo di esperienza ha risolto anche altri problemi di natura familiare, quali l’instabilità, e ha contribuito a ridurre la disoccupazione. I risultati ottenuti attraverso la compartecipazione hanno avuto effetto anche nel settore della cultura e della sanità. Lo Stato, ha concluso De Andrade, da solo non sarebbe riuscito a risolvere questi problemi, se il concetto della sussidiarietà, che mette al centro l’uomo con le sue esigenze, non fosse permeato attraverso quelle esperienze che hanno operato nel nostro Paese.
Che il Brasile sia l’epicentro di questo mondo nuovo, ha cominciato Petrone, è ormai un fatto evidente. Questo Paese può essere considerato senza troppa enfasi un modello di soluzione dei problemi di questo Continente: si pensi solo al fatto che possiede il 22% dell’acqua dolce del mondo. Le profezie del secolo scorso che hanno riguardato il Brasile, ha continuato Petrone, sono state tutte smentite: la riduzione delle nascite per risolvere i problemi legati alla fame, la stabilità del capitalismo rispetto alla crescita demografica. La nuova economia della conoscenza ha dato la possibilità all’intero Brasile di dotarsi di sistemi informatici innovativi. Tutto questo è stato possibile grazie ad un progetto basato su tre poli: l’intervento della Banca Mondiale, per la realizzazione delle infrastrutture; la fornitura di assistenza sociale da parte del governo italiano attraverso associazioni come AVSI; e l’opera di vigilanza dello stato di Bahia, titolare del credito della Banca Mondiale. La realizzazione di questo progetto ha fatto avverare un sogno.
Il mio compito come Ministro, ha detto Tremaglia, è cominciato col il ricordo dell’8 agosto 1956, quando a Marcinelle morirono molti italiani come bestie. Ritengo, ha proseguito Tremaglia, che rispetto a quanto sta accadendo in questi giorni sulle coste italiane, che l’accoglienza sia un fatto di civiltà. È un bene cercare di limitare questo fenomeno, ma è altrettanto positivo garantire che chi ha fame debba lavorare a casa sua. L’Europa deve assumersi la responsabilità di creare investimenti che garantiscano che ciascun immigrato possa lavorare nel paese d’origine. Anche gli italiani hanno fatto numerosi sacrifici, ma in ogni dove hanno costruito e contribuito alla crescita: la classe politica italiana sembrava aver dimenticato questa coscienza. Occorre educare al senso di giustizia sociale, al senso della patria; occorre ricominciare sempre, perché solo dopo tantissimi anni di attività politica sono riuscito – sono ancora parole dell’on. Tremaglia – a dare compimento alla democrazia. Solo quando è stato data la possibilità di voto agli italiani all’estero la democrazia si è compiuta. I risultati ottenuti attraverso il mio Ministero sono interessanti: basti pensare che attraverso una banca dati è stato possibile sapere che all’estero operano centomila imprenditori italiani che contribuiscono con la loro azione alla crescita dei Paesi in cui lavorano. Penso che i risultati ottenuti siano soddisfacenti, ha concluso Tremaglia, ma molto resta ancora da fare.
Nel concludere i lavori Molteni ha detto che c’è l’urgenza affinché tra noi cresca la responsabilità di ciò che abbiamo incontrato. Un pomeriggio di grandi speranze.
G.F.I.
Rimini, 24 Agosto 2004