IL LAVORO COME BENE COMUNE

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Il tema del lavoro è un argomento sensibile per gli italiani, e anche per i frequentatori del Meeting: oggi pomeriggio alle 15.00 molti non sono riusciti ad entrare in sala Mimosa B6 e hanno dovuto seguire sui monitor esterni l’incontro sul “lavoro come bene comune”. Il workshop era organizzato in collaborazione con la Fondazione Obiettivo Lavoro “nata per favorire il confronto fra soggettività culturali diverse impegnate nella ricerca del lavoro sicuro e giusto”, come ha spiegato il presidente di Obiettivo Lavoro, Alessandro Ramazza. Alla guida per il primo quadriennio della stessa fondazione è stato eletto Giorgio Vittadini. “Considerato il know-how di cui la fondazione dispone”, ha aggiunto Ramazza, “siamo in grado di offrire ogni anno agli enti pubblici un rapporto ragionato sul mercato del lavoro in Italia, in modo che le relative politiche si basino su dati oggettivi”.
Entrando nel tema del dibattito, secondo Ramazza lavoro come bene comune significa “fare del bene attraverso la propria attività”. “Quest’anno ad esempio l’azienda Obiettivo Lavoro ha assunto a tempo indeterminato mille persone che prima avevano un contratto a tempo determinato. Lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ci ha richiamato nel suo discorso iniziale a creare concrete opportunità di lavoro attribuendo a noi questo compito”.
Rispondere al bisogno di lavoro “è ciò che ha caratterizzato la mia avventura imprenditoriale”. Così ha aperto il suo intervento il presidente di Team Service Emilio Innocenzi. Ed è buona regola “non partire da un progetto ma dalla realtà che si impone e segna i passi da fare. Per un imprenditore creare benessere e futuro per i collaboratori è la più grande soddisfazione che ci possa essere”, in sintonia con quanto affermava don Giussani: “l’espansione del tuo lavoro è espressione di te stesso”.
D’accordo anche Ivan Soncini, amministratore delegato di Ccpl Gruppo industriale cooperativo, per il quale “nessuna avventura imprenditoriale può resistere senza presupposti culturali e valoriali. Non si fa impresa solo per il business ma per la voglia di fare e di tenere insieme intelligenze e persone”. Anche Ccpl è associata a Obiettivo Lavoro perché “è un modo per intervenire nel sociale del nostro Paese e creare opportunità per tutti”.
Ramazza ha poi chiesto a due esperienze sociali e ad un pubblico amministratore di portare la loro testimonianza. Il primo ad intervenire è stato il presidente della Fondazione Piazza dei Mestieri di Torino Dario Odifreddi. In un sistema educativo-formativo nazionale che fatica a garantire gli standard europei, “noi di Piazza dei Mestieri siamo nati dal bisogno di tanti giovani di essere formati per poter avere un lavoro stabile nel tempo”. La Piazza dei Mestieri, è la convinzione di Odifreddi, “può diventare un paradigma per le politiche pubbliche sulla formazione al lavoro”.
Di grande impatto sociale anche l’attività della cooperativa siciliana Placido Rizzotto, che gestisce terre confiscate alla mafia e produce di prodotti biologici commercializzati attraverso il marchio Libera Terra che garantisce la qualità e la legalità dei prodotti stessi. Il consigliere di amministrazione Marco Caravella sottolinea il ruolo di simili realtà sociali nel cambiamento di mentalità: “La gente che ci conosce e lavora con noi incomincia a capire che il lavoro non è un favore che qualcuno ti fa, ma un diritto da vivere con dignità”.
Di cambiamenti parla anche il presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti: “Ad essi vanno date risposte che nascono da scelte condivise. Come Provincia di Roma abbiamo varato Porta Futuro, struttura che vuole favorire l’orientamento, la crescita, il lavoro e la formazione”. Fra giugno e luglio sono state duemila le persone che si sono rivolte a questa nuova istituzione per trovare lavoro.
Occorre però prima di tutto lavorare sulla mentalità, sulla concezione stessa di lavoro che non è più quella anche solo di pochi anni fa. Ne è convinto il presidente di LegaCoop Giuliano Poletti, per il quale “bisogna cambiare la concezione del lavoro come contratto, come cessione di una prestazione. Il lavoro nelle società moderne è molto più complesso e chiede un coinvolgimento totale della persona”. Oggi – ha proseguito il presidente del network cooperativo – ci preoccupiamo dei lavoratori che hanno il lavoro, ma dovremo occuparci molto di più di quelli che ne sono privi. Non è una frase fatta affermare che dobbiamo mettere in campo tutta la nostra fantasia”.
Al termine, Giorgio Vittadini è molto soddisfatto del dibattito. “Quando le realtà popolari cattoliche e operaie si incontrano e riescono a mettere insieme ideali e interessi nella storia, nascono cose buone”, è la prima considerazione del presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. “Il capitalismo finanziario è finito, è ora di tornare alla finanza per lo sviluppo”. Ma per conseguire l’obiettivo, occorre rispettare tre questioni di metodo: “una lettura del mercato del lavoro oggettiva e non lasciata alle impressioni dell’ideologo di turno, la valorizzazione del capitale umano sia intellettuale sia manuale attraverso adeguati percorsi formativi” e infine “una politica economica che premi sul serio chi crea lavoro ed esporta”.

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