Il lavoro che verrà: gli estremi del cambiamento

Redazione Web

Rimini, 20 agosto 2021 – La Fondazione per la Sussidiarietà con il sostegno di Philip Morris Italia, Bayer SpA, Anteas, Randstad, Consorzio Scuole Lavoro, ha dato il via in sala Ravezzi al ciclo di incontri TALK “Il lavoro che verrà”, e il primo appuntamento vuole essere un pano-rama sulle tematiche che verranno trattate al talk giornaliero durante la settimana del Meeting. Si parte con la descrizione degli estremi dei cambiamenti in atto e della situazione del lavoro e dei lavoratori. Partecipano Elena Bonetti, ministro per le Pari Opportunità e per la Famiglia; Marco Ceresa, group chief executive officer Randstad; Andrea Orlando, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; Renzo Sartori, presidente Number1 e presidente Asso-ciazione Next; Luigi Sbarra, segretario generale Cisl; Giorgio Vittadini, presidente della Fon-dazione per la Sussidiarietà. Conducono Massimo Bernardini e Enrico Castelli.
La pandemia ha accelerato i cambiamenti anche nel mondo del lavoro, nella relazione tra i lavoratori. Oggi il problema è di ricollocare chi ha perso il lavoro: c’è la necessità di un cammino di formazione? Orlando afferma che «coi soldi in arrivo del recovery fund e con i target stabiliti come condizione dalla Comunità Europea riusciamo oggi a fare una cosa che non si è mai fatta: tenere insieme ammortizzatori sociali e formazione. Ci sarà inoltre spa-zio per privato e pubblico, per la sussidiarietà, ci sarà bisogno di tutti». E qual è il parere del sindacato? Sbarra ritiene che si debba «spostare le tutele dal posto di lavoro al mercato del lavoro, chiudere al più presto col ministro la riforma degli ammortizzatori sociali e portare così la tutela anche ai lavoratori di aziende piccolissime. Oggi vediamo finalmente il colle-gamento tra politiche attive e passive nella formazione».
Altra questione di urgente interesse è quella del lavoro femminile: oggi in Italia lavora una donna su due e in questo siamo lontani dalla media europea. Bonetti evidenzia che «il pri-mo problema è che il nostro Paese non è consapevole che non sta utilizzando l’enorme po-tenziale del lavoro femminile. Una strategia è stata studiata per il futuro: considerare la donna come asse portante in una roadmap che porti a risultati e obiettivi chiari. Questo passa da tappe intermedie come l’educazione delle giovani donne sulle materie STEM, defi-scalizzazione dei costi di assunzione per le donne, aiuto alla famiglia, premialità e condizio-nalità, che poi sono tutti obiettivi contenuti nel PNRR. Quindi la donna non dovrà più sceglie-re tra lavoro e famiglia».
Altro tema affrontato è il mismatch tra la domanda di profili professionali e la disponibilità degli stessi. Ceresa spiega l’approccio di Randstad per fronteggiare tale fenomeno: «Ab-biamo individuato tre fasi e alcune azioni. Nel breve periodo: organizzazione di academies progettate insieme al cliente, focus sulla transizione di carriera (outplacement) per agevola-re la ricollocazione delle persone. Nel medio periodo: organizzare e orientare gli ITS, Istituti Tecnici Superiori, sulle reali necessità da parte del mercato. Nel lungo periodo: trasformare il problema demografico della denatalità in Italia in una opportunità attraverso iniziative che valorizzino il sostegno alle famiglie come abbiamo messo in atto da tempo per le no-stre persone».
«Parlando di talent scarcity, altro tema cruciale», continua Cerasa, «secondo l’ultima ricerca dell’osservatorio indipendente Randstad Research, in Italia risultano 26 milioni di “inattivi” a livello lavorativo, macrogruppi che vivono un isolamento sociale ed economico: donne, giovani, studenti, pensionati potenzialmente rioccupabili, come ci ha insegnato la recente pandemia. Un “arcipelago” di persone che attualmente non lavorano e non cercano lavoro, ma che potrebbero rappresentare un grandissimo potenziale per contrastare questa man-canza. Occorrono politiche attive di inclusione e incentivi alla formazione per trasformare questo potenziale in realtà occupazionali concrete».
Il crescente problema di mismatch riguarda anche il settore della logistica, pur diventata servizio essenziale con la pandemia. Sartori osserva che, ad esempio, «non si trovano autisti dei camion o movimentatori di merci nel magazzino. Il problema è la perdita di dignità di questi lavori e occorre lavorare su questo con un patto tra istituzioni, sindacati, produttori». Ci si chiede quanto sia decisivo l’aspetto inverso e cioè quanto il lavoro possa fare per resti-tuire dignità alla persona. Orlando sostiene che «il recovery plan ha tra i suoi obiettivi la ri-duzione delle disuguaglianze. Negli ultimi vent’anni si è andati nella direzione di frammen-tare il lavoro, ma ci si è accorti tardi che sotto a una certa soglia la mancanza di dignità del lavoro non conveniva a nessuno. Poi è venuta la pandemia, che ci ha obbligati alla cura della persona. Questa è una lezione che non va scordata, è un’opportunità da cogliere, anche se io credo che il passato possa ancora tornare. Inoltre gli ammortizzatori sociali vanno visti co-me aiuti alle imprese e non come momenti di fermo. Infine il reddito di cittadinanza è una parte piccola dell’aiuto, ma non può risolvere le politiche attive nella loro totalità».
Bonetti ricorda poi che «bisogna restituire alle donne e agli uomini la speranza, ma ci vuole un contesto di accompagnamento, occorre creare lavoro che generi esperienze di umanità, di comunità». E cosa insegna l’esempio di lavoratori che piuttosto che lasciare fallire la loro azienda si sono costituiti soci di una cooperativa che l’ha rilevata? Sbarra le definisce «espe-rienze di responsabilità delle singole persone che educano alla responsabilità individuale». Chiude e riassume Vittadini: «Il lavoro è cambiamento continuo che quindi chiede di cercare. Ci vogliono politiche attive, un enorme sforzo nella formazione, per le donne riuscire a far conciliare lavoro e famiglia. Ma accanto alla buona volontà dei singoli occorre aiuto».
(A.L.)

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