Il lato umano della tecnologia

Press Meeting

Navicelle spaziali e big data con Giovanni Bertolone e Mario Mezzanzanica

Alle 11.30 l’area “What?” – Spazio Innovazione Piazza A5/C5 – ha ospitato Giovanni Bertolone, Presidente del Cluster Tecnologico Nazionale Aerospazio, e Mario Mezzanzanica, Professore di Sistemi informativi all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, che hanno dialogato sul rapporto uomo-tecnologia. Un dialogo che ha coinvolto in buona parte anche il pubblico, intervenuto con considerazioni e domande nella seconda metà dell’incontro. Lo spazio “What?” è concepito come open space sul tema della tecnologia. Per meglio dire, la tematica centrale è proprio la persona, quel “tu” di cui parla il titolo del Meeting, e come la persona si relaziona con le tecnologie. Nell’appuntamento di oggi, decimo del ciclo “What’s Human About Technology”, di scena un viaggio “spaziale” con le tecnologie aeronautiche di Bertolone, fino alla scoperta del mondo complesso dei big data con Mezzanzanica.

“Ci sono nessi molto forti tra la tecnologia dello spazio e diversi altri settori tecnologici”, esordisce Bertolone, raccontando per esempio che la tecnologia sviluppata per le simulazioni di volo ha comportato grandi cambiamenti nella realtà virtuale. Il manager ha dato voce anche al turismo spaziale, citando in causa il magnate Richard Branson, pioniere di questo tipo di iniziative. Pensando a imprese quali il tentativo di raggiungere Marte, il relatore si chiede: “L’uomo vivrebbe lo stesso anche senza andare su Marte? Per quale motivo spendere tante energie? Non è possibile giustificare ciò se non per una sete di conoscenza”.

Alla domanda su come integrare le nuove tecnologie nei sistemi educativi Bertolone risponde: “Mia nipote ha sette anni. Un giorno mio figlio le ha tolto il computer perché ha scoperto che aveva avuto problemi di scrittura a mano, in compenso scriveva molto bene alla tastiera. L’origine dell’educazione non può essere delegata ad uno strumento digitale. La responsabilità educativa è dei genitori, altrimenti l’educazione diventa casuale, dipende da ciò che si segue sul web: una diseducazione totale! Serve un accompagnamento passo dopo passo da parte dei genitori”.

“Con il termine Big Data – spiega Mezzanzanica – si indica la recente esplosione di quantità di dati in formato digitale”. Un fenomeno senza precedenti se si considera, con le parole di Martin Hilbert, Ricercatore alla scuola Annenberg dell’Università di California, che nel 2013 la quantità di informazioni immagazzinate nel mondo viene stimata in un milione e duecentomila exabyte. Se questa mole di dati venisse raccolta su dei cd-rom, impilati uno sull’altro, arriverebbero alla luna in cinque pile separate. Secondo il docente l’utilizzo di volumi di dati di grandi dimensioni ha come immediata conseguenza un cambio di paradigma nell’approccio alle analisi dei fenomeni: da «risposte a domande pre-definite» (dati «precisi», strutturati, raccolti ad hoc e di «piccole» dimensioni) a «lasciar parlare i dati». Essi quindi possono costituire una eccezionale risorsa in molti campi, consentendo la realizzazione di progetti prima inimmaginabili e anche previsioni più realistiche.

Ci sono però aspetti critici, legati alla sfera dei diritti personali. Infatti, di fronte alla domanda di un ragazzo su “come tutelare le tracce di informazioni personali lasciate dagli utenti sui social”, il docente risponde: “Il tema della privacy è stato affrontato nella normativa europea con il concetto di consenso informato. Ti chiedono il consenso per fini di ricerca e di studio, ma in realtà spesso gli studi sono utilizzati da aziende private. Bisogna rivedere la normativa sull’uso dei big data, perché lo scopo dell’utilizzo è qualcosa che eccede i fini della ricerca iniziale. Bisogna ripartire da lì, la chiarezza della destinazione e dell’uso dei propri dati dev’essere evidente per la persona”.

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