Il genio umano alla prova, tra intelligenza aumentata e incoscienza artificiale

Redazione Web

TAVOLA ROTONDA CON ENRICO CEREDA (IBM), ALLESANDRO PEREGO (POLIMILANO) E IL TEOLOGO FRANCESCANO PAOLO BENANTI

 

Rimini, 21 agosto – «L’intelligenza artificiale finalmente ha sicuramente degli impatti dal punto di vista del lavoro e dal punto di vista etico e morale. Noi usiamo l’IA come intelligenza aumentata, cioè a supporto dell’uomo e della sua attività in tutti i processi». Enrico Cereda, presidente e AD di IBM Italia, ha esordito così in occasione dell’incontro “A cosa penserà l’uomo? Creatività umana e intelligenza artificiale”, che si è svolto presso la Sala Neri UnipolSai, con l’introduzione di Bernhard Scholz, presidente Cdo.

«Le tecnologie esponenziali devono supportare l’attività dell’essere umano in tutte le attività. E le tecnologie quantum computing  rivoluzioneranno il nostro modo di collaborare con le macchine», ha affermato Cereda, aggiungendo che «l’IA sostituirà sicuramente alcuni posti di lavoro ma impatterà il 100 per cento dei lavori. Il piano industria 4.0 ha dato molti contributi dal punto di vista dell’IA. La supply chain sta sempre più cementandosi. Abbiamo dimezzato i costi burocratici del trasporto navale e questo progetto lo stiamo portando in Italia. Siamo all’interno della quarta rivoluzione industriale dove i tempi di questa trasformazione digitale sono molto veloci, e quindi l’impatto nel mondo del lavoro bisogna condividerlo», sono le considerazioni di Cereda.

«Le forze dello sviluppo tecnologico cambiano lo scenario competitivo aumentando la complessità», ha  proseguito Alessandro Perego, direttore scientifico Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. «Stanno cambiando i connotati del marketing tradizionali, sta scomparendo la categorizzazione in settori», ha spiegato il docente. «I consumatori hanno esigenze di servizio inaspettate fino a poco tempo fa. Si sta riducendo l’asimmetria informativa, chi compra si aspetta di conoscere cosa succede lungo tutta la filiera e talvolta che il prodotto venga realizzato su misura per lui. C’è uno scenario di canali commerciali molto più ampio e difficile da interpretare, gestire e comprendere. Infine aumenta la competizione, che arriva da tutte le parti; nessuno immaginava di produrre automobili e di trovarsi le grandi big tech come competitor»

Perciò «in un contesto in cui aumenta complessità e incertezza le caratteristiche fondamentali delle aziende è la capacità di muoversi da una strategia di efficienza e snellezza a una di complessità. Bisogna muoversi nella direzione dell’agilità», ha continuato Perego. «Da una parte abbiamo una forza che spinge per rendere il sistema competitivo molto più complesso, creando ansia e facendo pensare alle tecnologie come una minaccia. Dall’altro la capacità di creare strumenti per gestire quella complessità. La risultante delle forze non è scritta sulla pietra, ma dipende dalle nostre intenzioni di investire in quella tecnologia».

Uno scenario che necessità, però, inevitabilmente di una lettura etica. «Abbiamo nuove realtà alle quali ci associamo in modo realmente religioso nel chiedere risposte, che sono degli oracoli che parlano della nostra vita. L’approccio data driven believe è perciò di tipo religioso, fa della macchina un oracolo che dà delle verità sulla mia vita», ha invece spiegato il francescano Paolo Benanti, docente di Teologia Morale e Bioetica all’Università Gregoriana.

«Alla domanda “conosci te stesso” oggi dovremmo rispondere “conosci i tuoi dati”. Stiamo cambiando il perché: abbiamo bisogno di una riflessione che non sia solo tecnica sulla nostra condizione umana. Questo modo di fare la macchina sempre più umana, fino ad essere quasi divina, cambia anche il modo di capire l’essere umano», ha concluso Benanti. «Dobbiamo chiederci qual è la specificità dell’uomo per capire qual è la specificità della macchina. Abbiamo bisogno di una risposta etica per capire quali decisione umane possiamo fare surrogare alla macchina e qual è il ruolo della macchina all’interno di questa decisione, e il modo di dire alla macchina quali sono le norme importanti per l’uomo l’ho chiamato algoretica. I bene deve diventare un valore numerico che la macchina può computare».

(F.G.)

 

Responsabile Comunicazione Eugenio Andreatta tel. 329 9540695 eugenio.andreatta@meetingrimini.org

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