Il “dietro le quinte” della crisi energetica: quale scenario ci aspetta?

Redazione Web

Il “dietro le quinte” della crisi energetica: quale scenario ci aspetta?

 

Rimini, 23 agosto 2023 – Dopo aver deciso di abbandonare il carbone entro il 2025 e dopo aver subito l’abbandono del maggiore fornitore di gas naturale del continente, l’Unione Europea si trova ad affrontare alcune difficoltà nel garantire la sicurezza dei propri approvvigionamenti di energia. Anche nel nostro Paese è in atto un dibattito su come ricalibrare la politica energetica, individuando una strategia che sia in grado di tenere insieme più elementi: la riduzione della dipendenza dalle fonti fossili, l’installazione di nuova capacità rinnovabile, senza tuttavia fare a meno delle fonti energetiche programmabili. Se ne è parlato anche al XLIV Meeting per l’amicizia fra i popoli, nel corso del convegno “Il dietro le quinte della crisi energetica: quale scenario ci aspetta?”.

Dopo gli anni durissimi della crisi pandemica, quando sembrava avviato un percorso di ripresa l’invasione russa dell’Ucraina e la conseguente emergenza gas ha posto sotto i riflettori la crisi energetica. Come è stato vissuto questo periodo dagli operatori? Lo sintetizza con una battuta Marco Bernardi, presidente di Illumia S.p.A, azienda che vende energia e gas a più di 500mila clienti: «Gli ultimi anni sono stati come frequentare un master di gestione del rischio». Le crisi, però, hanno anche un valore: rendono più evidente l’inefficienza e consentono quindi di correggerla. «Questa crisi ha fatto emergere lo svelamento di tante verità impazzite», prosegue Bernardi, «buone in astratto, ma che non fanno i conti con la realtà. Una di queste è l’assioma per cui un mondo total green è un mondo migliore». Negli ultimi dieci anni, di fatto, si è incentivato il mondo rinnovabile e si è demonizzata un’altra risorsa fondamentale, che è il gas. «La lezione che, come Paese, abbiamo imparato dalla crisi», conclude Bernardi, «è che bisogna tornare a investire sul gas».

L’Italia ha un deficit energetico sostanziale: la fonte primaria con cui produce energia, cioè il gas naturale, non è nella disponibilità del Paese. Francesco Del Pizzo, direttore Strategie di Sviluppo Rete e Dispacciamento di Terna (il gestore della rete di trasmissione nazionale), traduce in numeri le conseguenze di questo fatto: «Nel 2022 la bolletta elettrica italiana è costata 98 miliardi di euro, contro i 19 miliardi del 2019. Parliamo di 70 miliardi di euro di extra-costo». Quello della transizione energetica non è più quindi solo un impegno verso le generazioni future, ma diventa anche un tema di sostenibilità economica per famiglie e imprese. «Le tecnologie rinnovabili possono essere efficaci nella transizione sia per mitigare l’impronta carbonica, sia per controllare il sistema dei prezzi» conclude Del Pizzo. Inoltre, l’Italia ha per collocazione geografica una caratteristica unica: è l’appendice europea verso il continente africano. Da qui l’opportunità di costruire un ponte energetico tra Europa e Africa che si concretizzerà nel progetto #TUNITA, l’interconnessione Italia-Tunisia: un elettrodotto da 600 MW finanziato con 300 milioni di euro da fondi europei.

Snam fa la stessa cosa di Terna (è un gestore di rete) ma per il gas naturale, che in periodo estivo tradizionalmente viene stoccato per la stagione termica invernale. «Stiamo completando le valigie per l’inverno», racconta Xavier Rousseau, senior vice president Strategy and Market Analysis di Snam. «Lo stiamo facendo in anticipo e in maniera più ordinata rispetto all’anno scorso». Gli stoccaggi sono oltre il 91% a livello europeo e come Paese abbiamo una “valigia” in più ormeggiata a Piombino, il rigassificatore che ci permette di ricevere via nave il GNL, gas naturale liquefatto. Una situazione che ci porta a guardare i prossimi mesi con ottimismo. Snam sta lavorando al progetto strategico “Linea Adriatica”, che consentirà di incrementare la capacità del sistema di trasporto del gas lungo la direttrice Sud-Nord e per l’export europeo. «La “Linea Adriatica” è un elemento di flessibilità ma anche di transizione», conclude Rousseau. «Può infatti trasportare anche gas rinnovabili: biometano e in futuro anche idrogeno».

«Spero che la lezione ci sia servita». Esordisce in modo severo Andrea Prete, presidente di Unioncamere. «Ci troviamo in questa situazione per tutti i ‘no’ che abbiamo detto nel passato». E prosegue: «In questo scenario credo sia inevitabile implementare le fonti rinnovabili, che ci rendono più indipendenti dal punto di vista energetico». Tuttavia, la burocrazia – ostacoli dei territori e lungaggini autorizzative – rallenta in maniera significativa le opere nel nostro Paese. Per accelerare i processi Prete propone di estendere il modello delle Zone economiche speciali a tutti i comuni italiani: un soggetto si assume la responsabilità di firma autorizzando i progetti in tempi brevi. «Il tempo perso significa posti di lavoro perduti», conclude Prete, che offre ai presenti un ulteriore spunto legato all’efficienza energetica. Il 96% del tessuto imprenditoriale italiano è composto da piccole e micro-imprese che non hanno al proprio interno competenze su questo tema. «Abbiamo un problema di educazione all’efficientamento. Dobbiamo fornire energy manager alle piccole imprese».

Energia come risorsa prodotta bene e consumata meglio, ma non basta. Ogni risorsa va anche riutilizzata, per quanto possibile. E nel caso degli imballaggi l’Italia è leader nell’economia circolare, ovvero nel riciclo e riutilizzo dei materiali. Ignazio Capuano, presidente del Conai (il Consorzio nazionale imballaggi) definisce meglio la questione con qualche numero: «In Italia ogni anno si consumano oltre 500 milioni di tonnellate di materie prime. Su 180 milioni di tonnellate di rifiuti generati, 14 milioni sono rifiuti da imballaggio». Il riutilizzo di materia prima consente di ridurre l’impronta carbonica, spiega Capuano: «I 10 milioni di tonnellate di materia prima-seconda che è stata re-immessa nel circuito produttivo consentono una riduzione stimata del consumo di energia elettrica di circa 55 TWh, a fronte dei 320 TWh di consumo complessivo del Paese, e un risparmio di 9 milioni di tonnellate di CO2».

Per realizzare un disegno complesso come quello tracciato sono necessari una visione a lungo termine e una efficace pianificazione degli investimenti. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, afferma che all’interno del dicastero che guida ci sono le competenze e la volontà per affrontare entrambe le questioni. Ma prima, secondo il ministro, occorre operare un distinguo: «Energia e ambiente non sono antitetici. Non risolviamo la questione ambientale se non risolviamo insieme anche la questione energetica». Oggi in Italia un terzo dell’energia consumata viene da fonti rinnovabili, i restanti 2/3 da fonte fossile. Al 2030, secondo gli obiettivi del PNIEC, dobbiamo ribaltare questa proporzione. Per questo è necessario infrastrutturare il Paese. «L’Italia ha una centralità diversa rispetto al recente passato» conclude il ministro. «Non siamo più la periferia dell’Europa, abbiamo spazi per nuove opportunità e per trasferire energia agli altri Paesi».

(P.C.S.)

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