“Il destino troverà la sua strada” (Virgilio)

Press Meeting

Ottaviano Augusto, di cui si sono commemorati i duemila anni dalla morte pochi giorni fa, ha regnato per 44 anni, come nessun altro imperatore romano. Tutti gli storici anche dell’antichità hanno dato un giudizio positivo sulla sua persona e sulla sua opera imponente. Ma quando è salito al potere e durante il suo governo qual era il clima politico, morale e spirituale, quali erano le aspettative del popolo e degli intellettuali nella capitale dell’Impero, mentre, quando venne la “pienezza del tempo”, in una sperduta periferia del mondo nasceva il centro del cosmo e della storia?
Curato da Zetesis, gruppo di docenti e appassionati che da anni lavora su testi e temi del mondo antico, il Meeting ha presentato, all’Eni Caffè letterario A3, alle 21.45, un reading con a tema “il Destino troverà la sua strada” (dall’Eneide di Virgilio) con voce narrante Giulia Regoliosi, preside del Liceo classico “Alexis Carrel” di Milano, accompagnata da due studenti, Alessandro Guerra e Davide Longaretti, nella lettura dei testi. Il racconto delle vicende storiche e delle riflessioni degli autori antichi è sempre della professoressa Regoliosi.
Ottaviano segna il passaggio dalla respublica all’impero, da un governo democratico, guidato da un’oligarchia, al potere di uno solo, accompagnato però da una pacificazione dopo cruente lotte interne e sanguinose guerre civili. Lo storico Tacito scrive con nostalgia della perdita delle libertà, ma l’accetta per il beneficio della pace che comporta. Augusto ha ottenuto il potere con due stratagemmi: non ha eliminato le antiche istituzioni, ma le ha svuotate di potere e non si è mai presentato personalmente come imperatore, pur avendone tutti i poteri, ma ha riunito in sé le antiche cariche (console, pontefice massimo…) Nel Monumentum Ancyranum, una sorta di autobiografia di Augusto, lui stesso si definisce “princeps”, cioè semplicemente il primo che prende la parola in Senato (non chiese mai il culto divino che gli fu tributato) e padre della patria.
Orazio nelle sue poesie racconta il senso di stanchezza del cittadino romano – è sempre Regoliosi a parlare – sballottato del rumore, dal traffico, dagli impegni di pubbliche relazioni cui era costretto. Virgilio invece auspica il ritorno dell’età dell’oro, quando tutti erano felici senza affanni e le messi crescevano spontanee. Per lui Ottaviano è colui che fa giustizia al povero pastore Titiro che rimane felice nei suoi campi. Più solenni ed esplicite le attribuzioni ufficiali: in un documento delle città greche dell’Asia, in occasione del suo dies natalis, Augusto è definito salvatore (Soter) e portatore della buona novella (Euangelion). È di nuovo Orazio invece a stigmatizzare Cleopatra perché si è opposta al destino deciso dagli dei ribellandosi a Ottaviano.
Vi è poi una serie di componimenti di Virgilio e Orazio in cui si annuncia un’era nuova voluta dagli dei, in particolare Virgilio nell’ecloga IV profetizza l’avvento di una vergine e di un bambino che rinnoveranno il mondo e nell’Eneide preannuncia il destino di Enea che da Troia con un lungo viaggio voluto dagli dei andrà a fondare la città eterna. Ancora Orazio delinea il compito di Roma: portare la pace e il diritto in tutto il mondo, di cui l’Urbe è il centro.
Ottaviano è chiamato a riportare il mos maiorum, i tradizionali, buoni e giusti costumi degli antichi. Questo è il futuro che arriverà, magari tra solo una generazione: ma gli attuali abitanti intanto come possono vivere senza sofferenza? Nei componimenti dei poeti dell’era augustea entra prepotente il tema della campagna, della vita agreste, fonte di felicità: ne scrivono di nuovo Virgilio e Orazio, cui si aggiunge Tibullo. Certo sarà bella la campagna, ma Ovidio, mandato in esilio sul Ponto, narra le sue sofferenze delle sua vita tra i barbari e supplica Augusto di richiamarlo nella Città.
Roma è il centro del mondo, la capitale che attira gente da tutte le terre conosciute, crogiuolo di etnie e religioni. Intanto però in una regione remota, come si è accennato, succede un fatto che cambia la storia e la vita del mondo. Lo racconta Luca nel suo Vangelo: la grande Roma fa un censimento, un bimbo nasce in una grotta, una schiera di angeli lo annuncia a poveri pastori. Il papa emerito Benedetto XVI, in “Infanzia di Gesù”, traccia, da uomo di scienza e di fede, l’immagine provvidenziale di Augusto e dell’impero con la sua pace, le sue strade e l’unica lingua.
Uguale, ma con grande forza poetica, è la narrazione di Dante nel “Convivio” che pure fa riflettere sul fatto che il Destino ha trovato la sua via provvidenziale (Fata viam invenient, come scrisse Virgilio) con Augusto e l’impero di Roma.
Un commento musicale, curato da Silvia Balsamo, ha accompagnato il racconto e la recita dei versi. Forse c’è una pecca in questa straordinaria e piacevolissima serata: nessun verso dei poeti è stato recitato in lingua latina, magari in metrica.
(A.B.)

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