Senza “io” non c’è partita, nella vita come nello sport
Vezzali, Giovinazzi, Paltrinieri e Pessina a confronto sul tema del Meeting
Rimini, 20 agosto 2021 – Dopo un’estate letteralmente d’oro per l’Italia (Campionato europeo di calcio e dieci primi posti alle Olimpiadi di Tokyo), il Meeting, in collaborazione con Star Biz, non poteva non aprire proprio con lo sport, dove se non c’è un “io” davvero non c’è partita. Davide Perrillo, giornalista, ha condotto una conversazione a più voci sul tema “Il coraggio della sfida. Andare oltre i limiti”, con Valentina Vezzali, sottosegretario di Stato allo Sport, e tre grandi atleti che, in questi mesi, hanno fatto dire “noi” ad un popolo: Antonio Giovinazzi, pilota della scuderia Team Alfa Romeo Racing Orlen; Gregorio Paltrinieri, nuotatore, Medaglia Olimpica d’Argento e di Bronzo a Tokyo 2020; Matteo Pessina, calciatore, centrocampista della nazionale campione d’Europa e dell’Atalanta Bergamasca Calcio.
Valentina Vezzali, l’atleta “più medagliata d’Italia” (sei ori olimpici, 16 mondiali e 13 europei), al Meeting per la seconda volta, ha indicato i quattro elementi indispensabili per «affrontare le sfide e andare oltre i limiti»: passione, entusiasmo, coraggio, competenza. I risultati estivi, e tanti altri segni in giro per l’Italia, dimostrano che, in campo sportivo, questi ingredienti ci sono. «Adesso tocca alla politica fare la sua parte», ha affermato la Vezzali, che proprio per questo ha deciso di mettere a disposizione i suoi trent’anni di esperienza sportiva: «Paradossalmente, a fronte di un Paese di campioni, abbiamo un’Italia “divanista” con sportivi da poltrona e calciatori da caffè. Prima del Covid, un ragazzo di quindici anni su cinque era sedentario, adesso si è perso il conto. Mentre dal 1996 siamo costantemente nella top ten olimpica, risultiamo al quintultimo posto in Europa per pratica diffusa». Una tendenza che si potrebbe invertire se, sotto lo scintillio dell’oro, si riuscisse a cogliere quel qualcosa che brilla più della stessa medaglia.
Gregorio Paltrinieri, trionfatore olimpico pur dopo un mese di mononucleosi, non ha perciò parlato di sconfiggere gli avversari, ma di «lottare contro i propri limiti e le proprie paure. «Nella vita», ha raccontato, «davanti alle sfide non ho mai avuto paura di provarci fino in fondo, perché tutto può succedere». Come per Antonio Giovinazzi, pilota, che a 360 km all’ora si preoccupa di dare il cento per cento e di essere soddisfatto di se stesso. O come Matteo Pessina, grandioso centrocampista, autore di due gol da favola agli europei, che non si deprime per le sconfitte, ma impara a migliorarsi proprio dagli insuccessi.
Perrillo ha portato, così, il discorso sui talenti e come valorizzarli. «Senza lavoro e sacrificio, il talento non va da nessuna parte», hanno risposto all’unisono i tre atleti. Ecco la ragione della cura quasi maniacale con cui Pessina si allena, per mesi, per aggiustare un passaggio anche di soli due centimetri, «perché il più grande talento è quello di migliorarsi». Oppure il motivo della testardaggine di Giovinazzi, che vuole arrivare dove dice lui, lavorando sodo. E perché Paltrinieri lotti ogni giorno, «in modalità zen», contro le proprie fragilità. Un talento ha bisogno di buoni insegnanti. La Vezzali lo conferma raccontando dei primi tiri di fioretto nella sua città, Jesi, in una palestra dove, quando pioveva, si dovevano schivare gli attacchi degli avversari e i secchi per l’acqua: «Senza il maestro Ezio Triccoli, non sarei diventata quella che sono», ha dichiara con orgoglio, ricordando come da una popolazione di 40mila anime Triccoli sia riuscito a tirar fuori ben quattro campioni di scherma.
La Vezzali, oggi, donna di governo, ha poi ribadito l’importanza di politiche che incoraggino i giovani a una vita più attiva e perciò sana: «Bisogna assecondare la voglia di sport che sta montando dopo i successi di questa estate azzurra. Essi sono il frutto del lavoro silenzioso e appassionato di migliaia di volontari e associazioni dilettantistiche, ma anche della riforma dello sport avviata nel 2018, che ha il merito, innanzitutto, di aver portato molti più soldi al movimento sportivo: circa 160 milioni di euro in più in due anni. Ma», ha aggiunto, «lo sport in Italia è pratica, filosofia, stile di vita, educazione, insomma cultura trascurata, ignorata, dimenticata. A cominciare dalla scuola. Si tratta della “sfida” più importante. Sin dai primi giorni del mio insediamento, ho avuto ben chiaro che fosse uno degli obiettivi da raggiungere. Mi sono impegnata sin da subito per prevedere l’inserimento dell’insegnante di scienze motorie a partire dalla scuola primaria. È una grave lacuna del nostro Paese. Siamo all’ultimo posto in Europa per ore di educazione fisica nell’intero percorso scolastico, con un totale di 480 ore settimanali, contro le 1680 francesi, le 1400 tedesche e le 960 portoghesi. Questo si ripercuote non solo sul benessere dei nostri figli, ma sulla loro cultura sportiva, sulla loro formazione e – soprattutto – sulla conoscenza del proprio corpo». Perciò, ha annunciato in qualità di sottosegretario, «abbiamo definito un protocollo con il Ministero dell’Istruzione e stiamo lavorando, sotto l’egida del Presidente Draghi, affinché questo anno così straordinario per lo sport, possa vantare anche la conquista di un traguardo agognato da oltre 40 anni».
Ma come il Covid ha cambiato il modo di fare sport in Italia? La pandemia ha messo tutti alla prova, atleti compresi. Programmi scompaginati, segregazione dalle famiglie, allenamenti interrotti, prove tanto attese che sfumano all’ultimo momento. Ma a tutti è servito per scoprire che nell’esistenza c’è anche altro al di là del perimetro di un campo di gara. «Anche la pandemia, insomma, come lo sport», ha concluso Perrillo, «ci permette di scoprire chi siamo affrontandola e mettendoci in gioco».
(D.B.)