Il contributo della cultura ai 70 anni della Repubblica

Press Meeting

Si è svolto stasera alle 19.00 in Sala Illumia B1 il secondo appuntamento del ciclo
“L’incontro con l’altro: genio della Repubblica. 1946-2016”. Giuliano Amato, giudice della Corte Costituzionale, ha sviluppato il tema della cultura. Lorenza Violini, docente di Diritto costituzionale all’Università Statale di Milano, ha moderato l’incontro.

“Vogliamo mettere in luce i singoli aspetti che hanno caratterizzato i settant’anni della Repubblica, con l’intento di far emergere i fattori che permettono di guardare al futuro”. Con questa premessa Violini ha introdotto la platea all’excursus storico e alle riflessioni dell’ex Presidente del Consiglio. I punti di riferimento sono stati i grandi momenti di cambiamento, espressione della ricerca del bene comune, ma anche altri momenti della nostra storia in cui il bene della nazione è stato messo in pericolo. “Tra ’45 e il ’47 nasce una nuova vita culturale dalla quale deriva l’impegno civile degli intellettuali, non più costretti ad evadere, ma a cercare l’individuo”. È qui che il Paese muove il primo passo verso una cultura aperta a incontrare l’altro: uomini come La Pira, Dossetti, De Gasperi, ma anche Togliatti non hanno temuto di aprirsi a culture ‘altre’ “e così si sono trascinati appresso anche varie formazioni intermedie nostalgiche dei tempi passati”.

In seguito, due sono state le grandi trasformazioni che hanno minacciato quanto si era costruito: il ’68, con l’affermazione di giusti diritti e la condanna delle vecchie gerarchie, ma che è sfociato anche nel terrorismo, e la riscoperta delle diversità etniche e religiose, chiamate a vivere insieme. Un fenomeno, quello migratorio, che è normale nella storia dell’umanità e che in altri continenti viene vissuto come tale. L’Europa invece ha scelto di viverlo da sola e perciò percepisce il problema in modo distorto.

“Quanto la nostra cultura letteraria ci ha aiutato a affrontare le problematiche del contesto?” È la domanda a cui Amato tenta di dare risposta. “Sono prevalsi autori che hanno mostrato introspezione, ma che ci hanno portato lontano dalle matrici culturali da cui deriviamo, il centro abitato e la famiglia, fino ad esaltare una nuova visone del vivere che va dal mutato contesto abitativo, al nuovo assetto familiare mononucleare, ma in un quadro di profonda solitudine. L’unico a dare interpretazioni utili era Pasolini con la sua lettura dell’omologazione”.

La corsa verso la liberazione, ha affermato Amato, è andata da Volare a La febbre del sabato sera, ma non è stata esente da rischi. Le vere risposte sono arrivate dalla filosofia: “Habermas e Ratzinger nel 2004 hanno convenuto che era essenziale riconoscersi in una piattaforma di valori condivisi su ciò che in passato avevamo costruito insieme”. Amato continua l’analisi e si sofferma sul fatto che oggi viviamo in un contesto in cui domande legittime rischiano di non trovare risposta. “È accettabile per un figlio in cerca di identità scoprire che non ha alcun senso la ricerca del proprio genitore biologico? Ci inquieta che tutto ciò che si presenta come fattibile diventi qualcosa che noi siamo pronti a fare. Siamo all’anestesia dell’assuefazione”. Il giurista completa il quadro con un accenno al tema dell’immigrazione. “La vera rivoluzione l’ha fatta la mentalità di Gesù di Nazareth che ha parlato di uguaglianza di tutti gli esseri umani. Col passare dei secoli quella cultura è si è affermata. Noi però continuiamo a pensare che i diritti appartengano solo ai cittadini, mentre sono propri di tutti”.

In chiusura Amato si dice convinto che la cultura dell’essere solidali in fondo stia prevalendo in un’Italia che nel 2020 si presenterà con molti più stranieri, un minor numero di benestanti, ma più solidarietà. “Dovremo accogliere tutti quelli che vengono? No, ma come dice papa Francesco, è importante che nessuno resti indietro”. Abbiamo ottime possibilità, è la convinzione dell’ex-premier, che si possa verificare un nuovo inizio, una repubblica più aperta al mondo. “E i giovani ne sono già oggi l’asse portante”.

Anche in questa occasione Violini ha dato la parola ai giovani presenti in sala. Quattro le domande, tutte a partire dalle riflessioni del giurista, che nel rispondere torna a sottolineare l’importanza del patrimonio culturale più ricco al mondo. E chiude con un augurio ai giovani: “Possiate confrontarvi con governi che non dicano ‘quanto abbiamo fatto per voi’, ma con governi che vi permettano di dire ‘quante cose abbiamo fatto assieme’”.

Scarica