Rimini, 20 agosto – «La conversione non è un problema di strategia, il cristiano porta Cristo senza saperlo, il resto verrà da sé». Con queste parole e citando il Santo Padre, Alessandra Stoppa, giornalista di Tracce, riassume e conclude il bel dialogo in Arena Percorsi A2 con Kornél Fábry, sacerdote e segretario generale del 52° congresso eucaristico che si terrà a Budapest, in Ungheria, il prossimo anno dal 13 al 20 settembre.
Il clima di festa si incontra già allo stand del congresso nel padiglione C2, dove una micro-comunità di ungheresi accoglie i visitatori con grande entusiasmo e coinvolgimento, parlando innanzitutto della bellezza del loro Paese. «Non si può capire cosa succederà in un Paese se non conosciamo prima la sua storia, la sua geografia, la sua realtà»: inizia così il lungo dialogo di Fábry, quando Stoppa presenta i numeri dell’ultimo congresso nelle Filippine, due milioni di persone all’ultima Messa del Papa, e quando chiede cosa succederà a Budapest. «L’Ungheria è nel centro geografico dell’Europa», prosegue Fábry, «e nel tempo è stata attraversata da popoli e culture che nei monumenti, nelle vie e nelle persone sono state trattenute. È diventata cattolica nell’anno 1000 e oggi il suo credo trova la sua più forte espressione in santo Stefano re d’Ungheria. Prima i Tatari, poi i Turchi e gli Austriaci e infine per lungo tempo i Russi, hanno occupato il suolo ungherese. In particolare il regime russo ha fatto soffrire tanto il popolo che è stato perseguitato per il suo credo religioso. Col 1989 è arrivata la libertà ma anche la secolarizzazione, l’ateismo. Oggi in Ungheria l’otto per cento della gente va a messa, ma più del novanta per cento è battezzata».
«Quale sarà l’obiettivo di una organizzazione così grande che si aspetterà una partecipazione al congresso di milioni di persone provenienti da tutto il mondo?» La giornalista Stoppa arriva subito al dunque, sapendo che nel modo di pensare corrente si pianifica uno sforzo e si spendono risorse a fronte di un business plan e quindi di risultati. La risposta di Fábry è spiazzante: «Mettere Gesù al centro, metterlo davanti a tutto, Lui solo davanti a tutti». E poi spiega: «Manca un anno all’evento, ma nella Messa per le famiglie che si terrà allo stadio ci sono già 2500 bambini ungheresi iscritti alla Comunione. Stiamo pregando in tutta l’Ungheria per questo congresso, la preghiera è l’invito maggiore che stiamo facendo insieme a quello di tenere aperte le chiese. I risultati non sono nelle nostre mani, per quanto bravi siamo ad organizzare un evento perfetto. La preghiera è il momento privilegiato in cui chiedere al Signore un aiuto, un consiglio, un orientamento. Questo è l’insegnamento che ho imparato nella mia vita».
«Quale è stato il tuo percorso vocazionale?», chiede ancora Stoppa con la passione di chi ne vuole sapere di più. «Sotto al comunismo la mia famiglia andava a Messa e in famiglia si pregava insieme», racconta Fábry. «Mio padre era consapevole che così facendo avrebbe minato la sua crescita di carriera, ma in famiglia poi ogni volta diceva che il nostro destino non era nelle nostre mani né in quelle dei funzionari di partito, bensì in quelle del Signore. Questo ha accresciuto la mia sensibilità, il mio affetto, la mia curiosità e così facendo ha lentamente plasmato la mia vocazione e l’ha stimolata. Ho capito presto quindi che ero chiamato da Dio a vivere pienamente la mia vita come sacerdote». Poi è arrivato l’incarico per il congresso. «Ero parroco di varie comunità», ha proseguito il sacerdote, «e insegnavo in due università, quando un giorno il card. Péter Erdő, primate d’Ungheria, mi ha chiesto di diventare segretario generale del congresso. Non ho detto subito di sì. Ho preso tempo e in questo tempo sono stato in adorazione e preghiera davanti al Santissimo, e lì Gli ho chiesto: aiutami! Aiutami a capire cosa devo fare. E poi ho capito».
Concludendo, Stoppa chiede quali punti di contatto ci possano essere tra il congresso eucaristico e il Meeting, ed è Fábry a stupire ancora una volta: «Noi diventiamo ciò che fissiamo: il girasole è rotondo perché guarda il sole, la Veronica è diventata vera icona dopo aver guardato Gesù e averGli lasciato il suo velo, le coppie di sposi anziani sembrano a volte uno l’immagine dell’altro perché è una vita che si guardano. E allora fermiamoci, guardiamo il volto di Cristo e preghiamo per parlarGli, così lentamente diventeremo, come dice il Santo Padre, “persone che portano Cristo senza saperlo”».
(A.L.)
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